16 giugno 2011


Sabato scorso mi sono imbarcato per un viaggio, perché di viaggio si tratta, non è un film.

La nave, o la droga, si chiama The Tree of Life, e il capitano, o lo spacciatore, si chiama Terrence Malick.

Partiamo dal principio ed evitiamo paroloni da grande cinefilo quale non sono.

The Tree of Life è una palla.

E questo è innegabile, checché se ne dica: "CAPOLAVORO!" "GRANDE CINEMA!" "IL FILM DEFINITIVO!" . Un film di due ore e mezza, montato in quel modo, con pochissimi dialoghi, immagini sospese nel vuoto, voci filosofiche fuori campo, non può essere definito in altro modo.

Ci vuole tanta tantissima pazienza, sensibilità, capacità di sopportazione, ci vuole un preciso stato di apertura e di sospensione per arrivare alla fine senza perdere attenzione e senza diventare insofferenti.

Di fianco a me c'era una signora che già dopo un'ora dava i primi segni di cedimento, sbuffando. Da lì è stata un'escalation, di "Basta", "Quando finisce?". Poi allo scoccare delle due ore, quando il film sembrava finire e invece è ricominciato, il tracollo: "Basta vi prego non ce la faccio più, voglio uscire!", ma poi è rimasta fino alla fine, quando si è lasciata andare a un "Finalmente! Io questi film non li voglio più vedere!" e insieme al marito non sembravano due che vanno a vedere solo film di natale e cartoni della Disney.

Ve lo dice uno che ama i film lenti, uno che si è sparato quasi tutti i film di Kim Ki Duk (che in confronto a questo di Malick sembrano sì Walt Disney), molti dei quali in lingua originale con sottotitoli, che poi ci sono così pochi dialoghi nei suoi film che non è stato un grande sforzo.

Però lo "sforzo" richiesto da Malick è stato ripagato a pieno, perché è un film che da tanto, sia in termini di fotografia, che in termini di riflessione. Ti porta proprio a riflettere profondamente su quello che hai visto e sentito, ti spinge a trovare il senso di quello che ti è passato davanti, a trovare un perchè di quella ridondanza, di quelle immagini che a volte apparentemente non c'entrano nulla messe insieme.

Insomma a me è piaciuto, perché ti lascia dentro tanto e lascia anche tanta voglia di rivederlo, perché molte cose si metabolizzano anche a distanza di giorni. Anche scrivendone adesso mi vengono in mente molte cose, e cresce la ancora voglia di rivederlo per scoprire nuovi spunti e capire meglio.

Il film è viaggio profondo e intenso nei meandri della vita.  E non è solo la vita di una persona, di una famiglia, di una comunità, è la vita in senso più ampio, la terra, gli animali, i dinosauri, i batteri, i virus, tutto ciò che dalla "Creazione" è stata la vita.

Non voglio dire altro di specifico del film, perché per chi lo vuole intraprendere, è un viaggio da fare senza cartina nè navigatore. Voglio solo elencare le tre cose che più mi hanno emozionato (Attenzione microscopici spoiler):

1. Un'immagine ribaltata dei bambini che giocano, con questi che fanno da "ombra" alle loro ombre.

2. L'immagine di uno stormo enorme di uccelli che vola fra i grattacieli.

3. I primi piani di Jessica Chastain, non per la bellezza estetica, ma  per la drammatica intensità del suo viso e del suo sguardo.

0 commenti:

Posta un commento