6 dicembre 2013



Nonostante li conosca come un nome leggendario dalla metà degli anni novanta e li segua da più di un decennio, non ero mai riuscito a vederli dal vivo.

Ai tempi del loro esordio (Stanze, del 1993) ero troppo piccolo per apprezzare dei contenuti così profondi e giganteschi. Quando esplosero con "Lungo i Bordi" ero troppo preso dal ritorno del punk e dagli ultimi respiri del grunge.
Solo più tardi, verso i 20 anni, sono stato in grado di capire veramente la potenza di questo progetto, ma era troppo tardi. Con il ritorno nel 2010, non contento, mi sono perso i loro passaggi a Milano e dintorni, ieri sera con il tour di Aspettando i Barbari ho avuto finalmente l'occasione di rimediare a questa imperdonabile mancanza.

Non starò qui a fare una mera cronaca della serata, ma cercherò di descrivervi cos'è un concerto dei Massimo Volume.
Voglio fare questo, perché è un'esperienza totalmente diversa da qualsiasi altro concerto abbiate mai visto. Niente di mistico, sia chiaro, non ho avuto illuminazioni e non sono apparse madonne dietro la band, ma è comunque qualcosa di molto particolare.

La copertina di Aspettando i Barbari
Partiamo dal lato strumentale, più precisamente dal lato chitarristico. Parlo soprattutto ai "colleghi" chitarristi. Provate pensare alla cosa più originale che abbiate mai fatto, al giro più storto che abbiate mai creato, al suono più strano e figo che abbiate mai tirato fuori dalla vostra pedaliera e siate mai riusciti a infilare in un pezzo fra le proteste del vostro cantante o del vostro bassista. Fatto? Ecco non sarà mai così originale, così strano, così maledettamente funzionale al pezzo come un suono o un riff o un arpeggio tirato fuori dalle chitarre (o basso) di Egle Sommacal e Stefano Pilia.

La loro concezione della chitarra va al di là di del semplice suonare, è una ricerca, un utilizzo totale, nel quale ogni feedback, ogni dissonanza, ogni suono "brutto" è esattamente nel punto in cui deve essere a sottolineare l'intensità e l'atmosfera di quel preciso momento.

Spesso sulla stessa parte si dividono nettamente i compiti: Pilia cesella riff e parti taglienti, che danno la spina dorsale del pezzo e ne scandiscono l'andamento, Sommacal si infila diagonalmente su tutto. Va a creare un vero e proprio tessuto atmosferico, con accordi dissonanti, arpeggi aperti che creano tensione e vanno a formare quella scenografia astratta ma incredibilmente palpabile nella quale le storie di Clementi prendono vita.
Quando invece è Sommacal a tenere le redini del riff o dell'arpeggio portante, Pilia diventa ancora più etereo del compagno e condisce il tutto con feedback, reverberi e suoni che non si capisce da dove vengano tirati fuori.

Sotto di loro la batteria di Vittoria è un rullo compressore con una precisione da manuale. Sempre misurata ma allo stesso tempo potente e con dei suoni perfetti, condizione fondamentale per permettere che la voce recitata possa "venire fuori" dal tessuto sonoro, senza essere inghiottita. 
A volte si ha quasi l'impressione che ci sia una drum machine sotto e invece è sempre il suo tocco preciso e costante. Per altri gruppi questo potrebbe essere un difetto, per i Massimo Volume è esattamente quello che serve.
In mezzo a loro tre, il basso di Emidio, morbido come un cuscino, discreto e preciso si muove fra le righe con eleganza.

Arriviamo al motivo per cui i Massimo Volume sono i Massimo Volume: la voce.

Molte volte la voce recitata su disco perde molto poi dal vivo. Perché il tono, l'inflessione, la cadenza, la metrica, acquistano tutta la visibilità che normalmente non hanno quando è tutto basato sulla linea vocale. In studio la cosa è semplice, si fanno un tot di tentativi con toni e inflessioni diverse, quello con la resa migliore si tiene. Ma poi dal vivo se la cosa non è studiata non renderà mai come dovrebbe.
Clementi invece sa bene l'importanza del recitato in musica... l'ha inventato lui.




Non perde un grammo dell'impatto e dell'intensità del disco, e sebbene dal punto di vista dell'ascolto puro delle parole forse qualcosina si perde, ne guadagna in incisività e impatto.

Un concerto dei Massimo Volume è una delle esperienze più multimediali che si possano fare, senza l'ausilio della tecnologia.
Mentre si assiste al concerto si ascolta la musica, intanto le parole cadono come macigni nella sala. 
Si ha la l'impressione di leggere un libro, le storie che vengono raccontate si immaginano, e mentre sei lì a sentire il concerto, le immagini create da quelle parole ti scorrono davanti, quasi come se fossi al cinema o a teatro.
La musica si trasforma in scenografia e le parole in sceneggiatura. I pochi gesti del cantate, il solo allargare le braccia sulle parole più significative, la mancanza assoluta di parole fra un pezzo e l'altro e di qualsiasi tipo di cenno al pubblico, non fanno altro che amplificare questo senso di performance artistica, dove i quattro elementi sul palco non sono altro che un veicolo per la loro arte. 
Le parole delle canzoni sono talmente pesanti, importanti, vive, che non c'è bisogno di dire altro, farlo sarebbe come ringraziare e salutare in mezzo a una rappresentazione teatrale. Difatti si sentiranno altre parole di ringraziamento solo all'ultimo pezzo prima dell'encore e prima della fine.

In un contesto del genere la scaletta perde totalmente di importanza, perché qualsiasi loro pezzo entrerebbe a far parte di uno spettacolo la cui potenza sta nella sua totalità e non nei singoli episodi che lo compongono.










5 dicembre 2013

A volte succede che una non notizia, diventi magicamente una notizia importante.
Succede che un fatto assolutamente ininfluente venga condito con supposizioni e ipotesi che stimolano i pensieri più nascosti. I pensieri più discriminatori e violenti, tutto quel sottobosco di intolleranza che cresce rigoglioso nel nostro paese diviso in due frange, la prima a livello nazionale che aspetta solo un pretesto per poter avere l'autorizzazione a dire "Io non sono razzista eh, però...". La seconda a livello locale si dedica al tiro al Pisapia, addossando tutte le colpe del mondo al Sindaco di Milano, come se nei venti anni di governo di destra la città sia stata un modello mondiale per livello di sicurezza e qualità della vita.
La notizia:


Questo in foto è il titolone che c'era oggi oggi in bella mostra sulla home del Corriere e poi riportato come notizia di apertura del Corriere Milano, preceduto da un altro articolo riportato sul sito e sulla prima pagina del Corriere in versione cartacea:



Analizziamo i singoli elementi, il titolo:

"Muore nel metrò dopo un borseggio"

Sulla versione cartacea del Corriere, la morte dell'uomo sembra causata direttamente dal borseggio, mettendo strettamente in relazione le due cose.

"Milano, tentato borseggio nel metrò 65enne si accascia e muore" 

Nel titolo del sito invece, la morte del signore viene immediatamente messa in relazione con lo scippo, ma se si analizza la frase, dice: il "65enne si accascia", non dice "viene colpito" o strattonato, picchiato. Le due cose non sono assolutamente in relazione, se non che lo spavento per il tentato borseggio possa aver scatenato il malore che ha causato la morte del signore. Ma lo spavento poteva essere causato da qualsiasi altra cosa in un'altra situazione. Evidentemente la morte è stata causata da un problema di salute, non dallo scippo in sé.

Analizziamo il fatto:

"borseggio" "tentato borseggio"

In realtà se si legge l'articolo on-line, lo scippo non c'è stato, e probabilmente non c'è stato neanche il tentativo. Non si sa se la vittima di questo presunto tentativo di scippo, (e sottolineo le parole "presunto tentativo di scippo" che non mettono in dubbio solo il fatto, ma anche che la possibilità che ci sia stata l'intenzione) sia stata il signore o qualcun altro. Anzi non si sa neanche se c'era qualcun'altro nel famigerato "mezzanino" perché dopo poche righe scrivono che era "l'unico testimone".
In sostanza non si sa nulla di certo, se non che un uomo è morto in metropolitana presumibilmente per un infarto o comunque un malore.
Inoltre per assurdo l'articolo finisce con:
"Il 65enne probabilmente era convinto che i tre «adocchiassero» i passeggeri ma nulla, al momento, può confermarlo."

Nell'articolo pubblicato precedentemente sull'edizione cartacea del Corriere e riportato anche online in realtà ci sono molti più dettagli, si parla di una gang di borseggiatori "forse dell'est" e si dice che forse è stato preso il cellulare all'uomo. Cosa poi non confermata. Ma in ogni caso si tratta solo di supposizioni poi quasi smentite dall'articolo pubblicato online. In realtà non interessa cosa sia successo veramente, ma interessa il pretesto.
Si sa che chi poi legge veramente tutti gli articoli è una minima parte di quelli che leggono il titolo.
Quindi non c'è niente di certo, si sta parlando del nulla.
E allora come mai una notizia che sostanzialmente non ha nessun elemento per esserlo diventa motivo di discussione in tv, sui giornali, alle macchinette del caffè, nei bar?

Ci sono alcuni elementi, che messi in relazione fra loro scatenano quel sottobosco di cui parlavo prima, e chi mette insieme questi "scoop" li conosce bene.

Elenchiamoli:

I mezzi pubblici: quei posti sporchi, pieni di extracomunitari, di zingari, di accattoni e di persone poco raccomandabili, mezzi poco efficienti, poco sicuri, sempre in ritardo e sinonimo di disagio, disservizi, ritardi, usati solo dai poveracci che non possono permettersi un SUV.

Lo scippo: da sempre il simbolo della mancanza sicurezza, del degrado, della "disgrazia" che può capitare in un qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, sinonimo di pericolo, della paura che scorre nelle città, dove ogni angolo pullula di malfattori che bramano il nostro portafoglio, o per essere più moderni, il nostro iPhone.

Lo straniero: l'articolo, come sempre, si affretta a farci sapere la nazionalità dei delinquenti. Già alla quinta riga viene ribadito per ben due volte che i delinquenti sono rumeni (con un errore ortografico e di battitura per di più):  
"A carico dei tre romeni, incensurati, Sono tutti rumeni, incensurati e senza fissa dimora tra i 16, 17 e 26 anni"
Tre rumeni, sono tutti rumeni, come a dire che non se ne salva neanche uno, senza fissa dimora, quindi zingari. Come se non bastasse sono pure giovani, perché non è più come una volta, i giovani di oggi son tutti delinquenti.

L'impunità: "rilasciati i tre presunti borseggiatori", sì perché "loro" sono sempre impuniti, "li mettono dentro e dopo un giorno sono già fuori", "altro che polizia, li lasciassero a me un giorno, vedi come li riduco", "vengono qui e fanno quello che vogliono", "noi appena sgarriamo di una virgola ci mandano equitalia, loro stuprano le donne, entrano a rubare nelle nostre case e nessuno fa niente". Si potrebbe scriverci un libro con queste frasi da bestie che si sentono in giro.

La Gang: la parola "gang", meglio se "baby", va tanto di moda nella cronaca nera ultimamente. Fa tanto favelas sudamericana, bronx, banlieue, subito si pensa a un'orda di giovani  armati di spranghe, tirapugni, coltelli, pistole, pronti a tutto per portarti via i tuoi averi, o in attesa del più piccolo pretesto per pestarti a sangue senza motivo.

Il brav'uomo: al 65enne ci si affretta a trovargli un nome, "La tragedia di Francesco..." si legge nel titolo di uno degli articoli correlati. Lo si chiama amichevolmente Francesco, per far entrare subito in empatia i lettori. Era un impiegato in attesa della pensione che era andato a prendere il pane, il panettiere diceva che era più felice ultimamente, perché sentiva l'avvicinarsi della pensione. Il perfetto ritratto di semplicità del nonno del Mulino Bianco distrutto da tre sporchi zingari, prima di potersi godere la tanto sospirata pensione.

Questi 6 elementi messi insieme scatenano una polveriera che esplode a comando, come dimostrano i 503 commenti all'articolo nel momento in cui sto scrivendo.

Piccola parentesi, vorrei consigliare al Corriere di eliminare la possibilità di commentare gli articoli.
Sotto a moltissimi degli articoli presenti sul sito, si leggono delle frasi che la maggior parte delle volte fanno vergognare di leggere il giornale, o il sito, frequentato da persone che per il livello di intelligenza, mi stupisce siano in grado di leggere e scrivere.

Oltretutto c'è un dispendio di energie per questo fatto che è a dir poco smisurato. Sono presenti ben 4 articoli/editoriali correlati alla vicenda, con foto e video del luogo dell'accaduto, come se non si sapesse com'è fatto un "mezzanino" della metropolitana.
Le parole usate  poi, sono al limite del grottesco, al livello degli strilli dei giornali locali, affissi fuori dalle edicole di paese:


"Paura nel mezzanino di Piazza de Angeli".

"Qualche minuto prima di crollare al suolo con gli occhi ribaltati, nel sottopassaggio semideserto del metrò divenuto forse angoscioso luogo di appostamento".


"Vigilantes disarmati ai tornelli".
E ci mancherebbe, cosa devono fare, sparare al primo che tenta di timbrare un biglietto con il trucco del burro cacao? (cosa che oggi non funziona più, fra l'altro)


Ci tengono a farci sapere che il nostro amico Francesco aveva avuto "Qualche lite con i primi immigrati egiziani..." ma che ultimamente aveva pure iniziato a salutarne uno...

Subito l'opposizione attacca, De Corato, preceduto dall'amico Salvini, non perde occasione di stare zitto: "Se confermate le circostanze, questa morte dopo un tentato borseggio è l’ennesima prova dell’emergenza sicurezza che dal 2011 vive la nostra città". Perché fino a un giorno prima dell'elezione di Pisapia, a Milano i portafogli li sfilavano vuoti e li restituivano pieni di biglietti da 100 euro.

Intanto tutto il carrozzone dei moralisti, allarmisti, razzisti, è partito e ha già fatto più di un giro di giostra. E infatti al momento non è successo sostanzialmente nulla di rilevante  (se non ci saranno altri accertamenti che confermeranno le ipotesi). 

Si farà un gran parlare dei controlli nelle stazioni, e sull'onda di questo falso allarme potrà eventualmente scattare un'ordinanza, verranno aumentati i controlli per un paio di settimane per poi tornare tutto alla normalità come se niente fosse successo.


L'importante è creare il pretesto che abbassi la nostra soglia di civiltà, il nostro apparente senso civico e la nostra ipocrita tolleranza, per accendere la discussione che rianimi la solita paura del diverso, dello straniero, e che accenda il dibattito su più fronti. Un dibattito che si auto-alimenta con il continuo scambio fra tolleranti e intolleranti, che presto si dimenticano del modo in cui è iniziato e inizieranno a insultarsi fra di loro, sconfinando nell'inutile. Fino a quando le frustrazioni personali non verranno sfogate, e non si saranno scaricate tutte le colpe del nostro fallimento su immigrati, emarginati, clandestini, zingari, e chiunque nella nostra ignorante mentalità rappresenti una minaccia per il nostro benessere e per il nostro quieto vivere. Infine la discussione arriverà a un punto morto e il pudore, la coscienza e l'ipocrisia torneranno a galla per farci sembrare cittadini tolleranti e civili, fino a quando non si troverà un altro pretesto per ravvivarla e far uscire quanto di più brutto c'è dentro di noi. 

A questi link trovate gli articoli di cui ho parlato:


Tentato furto, 65enne muore nel metrò Rilasciati tre dei presunti borseggiatori


Vittima dei ladri, si accascia e muore nel metrò Fermati tre ragazzi , forse una gang di borseggiatori

La tragedia di Francesco impiegato contento aspettando la pensione

Sicurezza, l’opposizione attacca la giunta Polemica dopo la morte del 65enne nel metrò

Vigilantes disarmati ai tornelli Controlli potenziati nelle stazioni