foto di Roberto Poli |
Per festeggiare il restiling del blog ci vuole un articolo. Ma così come è cambiato nettamente l'aspetto, la volontà è anche quella di cambiare i contenuti, non nei temi trattati, ma nel modo in cui li tratterò. Proverò (e sottolineo proverò) ad essere più diretto e breve. Quindi, anche se ho delle scadenze più impellenti da sbrigare (tipo la nuova puntata di Gig Life), ci tengo a scrivere due righe su una cosa che il caso vuole sia cromaticamente in perfetta sintonia con il nuovo stile del blog.
Lunedì all'Elfo Puccini di Milano ho assistito a una cosa che ha unito in un modo splendido due cose che amo. Una è la musica dal vivo (e già si sapeva), l'altra è la danza contemporanea e la performance artistica (quindi sono tre le cose). Della seconda non ne ho mai scritto perché sostanzialmente non ne so molto, tecnicamente parlando. Mi fermo al mi piace/non mi piace, bravi/meno bravi, ma è una cosa che mi appassiona e credo sia una delle forme di espressione più intense che esistano, che riesce sempre a smuovere nello spettatore qualche corda sopita o sconosciuta.
I due soggetti coinvolti sono i Death of Anna Karina, Corpicrudi e Matteo Levaggi (quindi in realtà sono tre). I primi sono una delle migliori, se non la migliore, band che abbiamo in Italia. Il secondo è un progetto artistico di Samantha Stella e Sergio Frazzingaro che opera su video, istallazioni e live performance. Il terzo è un coreografo e ballerino. La performance "Preludio per una Sinfonia in Nero" è la trasposizione live di un'istallazione presentata da Corpicrudi in occasione di Arte Fiera Bologna.
Siamo entrati nella sala completamente sgombra, riempita solo dalla musica dei Joy Division, uno spazio nero e vuoto nel quale i ballerini e la band erano già in scena. Immobili da prima del nostro ingresso, come se qualcosa di misterioso fosse accaduto in nostra assenza. Sulla sinistra la band, al centro un triangolo bianco disegnato sul pavimento e Matteo Levaggi rannicchiato al centro. Una parete nera contro la quale è apparsa Samantha Stella e una sedia, un trono, sul quale è rimasto seduto immobile Sergio Frazzingaro per tutta la performance.
La prima parte della performance si è svolta con la musica dei Joy Division, la seconda con il live, come al solito incredibile, dei Death of Anna Karina.
Non sto a spiegarvi cos'è successo dal momento in cui si sono spente le luci fino a quando si sono riaccese, perché è inspiegabile. So solo che è stato uno spettacolo di un intensità mai vista, tellurico, ancestrale, quasi un rito tribale, o se vogliamo esagerare satanico o massonico. Erotico ma non nel senso fisico e sessuale del termine (tutti e due i ballerini erano coperti solo dalla vita in giù), ma in un modo subconscio e profondamente psicologico ed affascinante. In alcuni frangenti sono rimasto talmente assorbito dai movimenti e dalla musica, che mi sembrava di essere dentro a un video dei Tool.
La fine è stata come l'inizio. Le luci si sono accese e tutti gli "attori" sono rimasti in scena come li avevamo trovati all'inizio, immobili. Come se la performance vivesse di vita propria a prescindere dalla presenza del pubblico.
foto di Roberto Poli |
Da questo spettacolo sono uscito con la convinzione che la musica dal vivo, in questo caso il post-hc dei DOAK è un partner perfetto per la danza contemporanea e viceversa. Sono uscito da lì chiedendomi insistentemente "Ma perché queste cose non accadono più spesso? Perché le band e i coreografi, due mondi apparentemente lontanissimi ma in realtà molto vicini, non collaborano più spesso per creare spettacoli come questo?"
Spero che in futuro ci sia presto la possibilità di rivedere questo spettacolo (e nel caso non perdetelo per niente al mondo), o di vederne altri del genere, perché credo senza alcun dubbio, che siano la forma di espressione più completa che esista.
Speriamo che sia il preludio per il fiorire di una "nuova" contaminazione fra queste arti.