Non ho seguito bene la questione della finale di Coppa Italia perché ero all'estero per un week end di vacanza e mi sono un po' estraniato dalle questioni del nostro paese. Non ho letto nulla (oltre alla cronaca del fatto e dell'antefatto), non so cosa sia stato scritto e non so se quello che sto scrivendo è già stato detto o scritto da qualcuno.
Una cosa mi ha colpito in modo particolare guardando i vari siti dei quotidiani e i commenti sui social: il fatto (gravissimo) è stato trasformato subito in una macchietta. Il delinquente si è trasformato subito in una barzelletta.Un fatto di sangue e di prevaricazione dello stato e delle autorità, si è trasformato subito in una parodia.
A me sinceramente fanno paura tutte queste battute, tutto questo sarcasmo, tutte queste vignette. A me fa paura questo soprannome che è spuntato fuori in tempo zero, dato in pasto agli spettatori e ai lettori, per creare il personaggio, il fumetto, per rendere virale il fenomeno, per farsi una risata. Non c'è un cazzo da ridere.
La verità è che questa cosa ci fa paura, e se fosse trattata per quello che è, si dovrebbe fermare tutto. Dal mondo dello sport, alle forze dell'ordine, al ministero dell'interno. Ma soprattutto noi stessi, noi che andiamo in curva (non io personalmente, anche se è capitato un paio di volte) e allo stadio a cantare comandati da camorristi, mafiosi, nazisti, facendo finta che sia tutto normale e senza fare un piega. Ma anche chi guarda lo sport in tv o chi lo pratica a livello agonistico. Non solo il calcio, perché i soldi che arrivano da lì servono anche a finanziare tutti gli altri sport "minori" e alla fine lo sport entra anche nelle scuole come elemento fondamentale dell'educazione dei ragazzi. Quindi nessuno si può considerare escluso.
E' dura ritrovarsi così senza difese di fronte alla realtà, senza alibi, senza alcun tipo di possibilità di nascondersi.
E allora ci si scherza su, si fanno battute, fotomontaggi, giochi di parole, diventa argomento per ridere al bar o in ufficio o su Facebook. Perché in fondo vogliamo tutti esorcizzare il fatto, perché ci siamo dentro tutti e siamo tutti complici, direttamente o indirettamente. Perché il calcio per noi è un gioco, e anche se da decenni non lo è più, noi vogliamo continuare a crederlo. Ci fa comodo. Non ci importa se una persona è quasi morta, ammazzata da un colpo di pistola (lo ripeto perché magari è sfuggito: COLPO-DI-PISTOLA), per noi l'importante è fare la battuta sagace con un soprannome pittoresco. Non è la prima volta che accade, perché anche con Italia - Serbia e Ivan Bogdanov il copione è stato lo stesso.
Adesso basta cazzate, finiamola di fare battute, di scherzare, è arrivato il momento di chiamare le cose con il loro vero nome:
GENNARO DE TOMMASO, CAMORRISTA*.
* Fonti:
Il Sole24ore,
Huffington Post