31 gennaio 2016



Com'è The Hateful Eight?
Non si può rispondere a questa domanda con una semplice risposta, perché l'ottavo film di Tarantino è tante cose, molte negative, senza comunque essere un cattivo film.
Se guardiamo al suo passato, la caratteristica principale di Quentin è sempre stata quella di cambiare a ogni pellicola. Cambiare tema, storia, ambientazione, se Tarantino è diventato Tarantino è perché si è sempre messo in gioco e ha sempre pescato una carta che nessuno aveva nel mazzo. Mentre tutti si aspettavano il seguito del precedente film acclamato senza alcuna riserva, lui stupiva tutti con qualcosa di completamente diverso. Facendo una trasposizione in musica, sarebbe una di quelle band che cambia ad ogni disco, rimanendo sempre sé stessa, le band che in assoluto preferisco. 
Se andiamo a vedere, da Le Iene a Django Unchained sono passati vent'anni esatti, vent'anni in cui non si è mai ripetuto, mantenendo sempre un altissimo livello. 


Dopo vent'anni di film tuttavia penso che the Hateful Eight sia il suo primo passo falso, attenzione però, non sto dicendo che sia un brutto film.
Credo sia un passo falso perché è il suo primo film che ricalca il genere e le ambientazioni del precedente. Il primo in assoluto, e non basta il suo amore per il western a giustificarlo e neanche il suo amore per le autocitazioni. Perché qui il confine dell'autocitazione viene sorpassato, per dirlo senza filtri è un Le Iene con un'altra ambientazione. La storia è differente, quello che lega i personaggi è differente, ma la sostanza è la stessa. 
The Hateful Eight è il primo film in cui ho visto un Tarantino seduto, comodo ma non stanco, perché la qualità comunque è sempre alta, ma senza più voglia di stupire.
Ma allora com'è The Hateful Hate?
Innanzi tutto l'ho visto durante la settimana di anteprima all'Arcadia di Melzo (MI), con tutte le specifiche richieste dal regista. Ovvero, proiezione del film in pellicola Ultra Panavision 70mm (con la quale è stato girato), overture musicale in apertura a cura di Morricone, scene in più e pausa di 12 minuti verso la metà del film, con tanto di libretto con programma di sala e descrizione delle specifiche tecniche del film. Per cui la percezione che ho avuto io del film con tutta questa cerimonia, potrebbe essere differente da una normale serata al cinema. 

Il film è diviso in sei capitoli, ma nella sostanza sono due parti: la prima molto lenta, la seconda più "tarantiniana".
Mi vorrei soffermare un attimo su quel "molto lenta", perché se il Tarantino che avete in mente è quello di Pulp Fiction o di Kill Bill, dimenticatevelo, questo è un Tarantino che chiede un po' più di impegno e di pazienza.
Non vi fate incantare dalle ambientazioni che avete visto nel trailer perché di quei paesaggi innevati si vede veramente poco, pur riuscendo a dare una rappresentazione del freddo quasi palpabile, e in questo la famigerata pellicola Panavision 70 mm ha aiutato molto.



A proposito ma com'è questa pellicola? Direte voi. Non è una cosa che fa gridare al miracolo, ma rispetto al digitale a cui ormai siamo abituati ha dei colori molto più naturali (e più belli secondo me), meno "disneyani". Ha una definizione altissima (dicono superiore al 4K) e lo si può apprezzare al meglio durante un primissimo piano di cavalli in corsa all'inizio del film, dove sembra quasi che escano dallo schermo. 

Il film si svolge quasi totalmente in un ambiente chiuso, una carrozza prima e poi per la maggior parte del film in un emporio, dove i protagonisti si trovano a rifugiarsi durante una tormenta di neve. La spina dorsale sul quale si sviluppa tutto sono i dialoghi, come spesso accade per Quentin, in questo caso però è proprio l'unica cosa che tiene in piedi il film, potrebbe essere benissimo una pièce teatrale. Qui c'è il secondo punto sul quale il regista, in questo caso sceneggiatore, è sembrato un po' debole, perché troppo spesso si ha la sensazione che ci sia troppa ridondanza, che manchi un spunto brillante, soprattutto sulla prima parte.
Chiariamoci, se Tarantino avesse voluto fare un film "impegnato", per usare un termine che per noi italiani troppo spesso è sinonimo di lentezza e noia, sarei stato il primo sostenitore, perché avrebbe significato una nuova sfida per lui. In questo caso avrebbe potuto alzare l'asticella e inaugurare un nuovo corso dela sua carriera. Invece sembra non voler mettere eccessivamente alla prova il suo pubblico, cambiando totalmente registro nella seconda parte nella quale spari, morti, sangue e splatter tornano assoluti protagonisti.
I personaggi sono i soliti grandi personaggi, così come gli attori che come sempre sono quasi tutte sue vecchie conoscenze, ma anche qui nella caratterizzazione di alcuni forse manca qualcosa.

Finite le critiche però, vi posso dire che the Hateful Eight rimane comunque un gran film, imponente, maestoso, e molto difficile da realizzare per le sue caratteristiche. Sicuramente da vedere se siete fan, comunque interessante e inusuale per chi invece non ha sempre apprezzato i suoi lavori.

Molto interessante anche l'analisi storico/politica che traspare nei racconti dei protagonisti sulla guerra civile, durante la quale molti neri americani imbracciarono le armi nelle file dei nordisti. Altro tema ripreso con forza da Django Unchained, ma presente in quasi tutti i suoi film è la questione razziale americana, che qui forse è ancora più forte del precedente film, soprattutto perché inserita in un contesto storico molto controverso per gli Stati Uniti.
È un film che offre moltissimi spunti di discussione e di riflessione, ma che a mio parere per la prima volta da quell'impressione di già visto, già sentito. Ho la sensazione che potrebbe dare il via alla divisione della sua carriera in "avanti Django" e "dopo Django", identificando il ventennio '92-'12 come il periodo d'oro di Tarantino.
Lo scopriremo eventualmente con il prossimo capitolo della sua carriera, se saprà stupirci ancora questo articolo sarà qui a testimoniare il mio errore e sarò il primo ad esserne felice. Ma se invece la mia sensazione è corretta e come spesso accade a molti artisti, inizierà la sua stagione di ritorno alle origini, film che riprendono più o meno dichiaratamente lavori del passato, secondi capitoli, reboot, o semplicemente brutti film; The Hateful Eight sarà inevitabilmente identificato come l'inizio del suo declino.