25 aprile 2024

La fotografia analogica, soprattutto se fatta con fotocamere molto vecchie, è un hobby particolare, che ti riporta alla manualità, alla lentezza, dove gli errori sono all'ordine del giorno e la foto perfetta è spesso quella che non ti aspetti, mentre invece la peggiore è quella su cui ti sei concentrato di più.



Ma di questo ho già parlato in parte in questo articolo e non voglio dilungarmi oltre. C'è però un aspetto affascinante di questo hobby che non smette mai di stupirmi, ovvero il mondo che si apre ogni volta che scopri una nuova, che in realtà è vecchia, macchina fotografica, ed è proprio questo aspetto che si è sviluppato in un modo inaspettato in questa storia che sto per raccontare.


Nel panorama delle fotocamere analogiche, un nome che è diventato molto conosciuto nel corso degli anni, è quello della Lomo (Leningradskoye Optiko-Mekhanicheskoye Obyedinenie), azienda russa produttrice di ottiche professionali e poi, a partire dagli anni '50 ma soprattutto fra gli anni 60 e 80, di fotocamere pensate per la gente comune: economiche (spesso costruite in plastica o bachelite), facili da usare e quindi con una resa ottica non sempre eccellente.


Questa ultima caratteristica però è stata il motivo del successo di queste fotocamere a partire dagli anni 90 in poi, quando il concetto di "Lomografia" ha iniziato a farsi strada nel mondo, ovvero quella filosofia per cui per fotografare non serve un grande studio dell'immagine, basta inquadrare e scattare senza pensarci. Questo tipo di filosofia si è sviluppata proprio grazie alle macchine fotografiche Lomo, i cui difetti, come le infiltrazioni di luce date dalla scocca di plastica o le lenti in plastica che saturano molto l'immagine, rendono "speciale" ogni tipo di scatto con particolari effetti. Effetti che hanno ispirato anche la nascita di Instagram, i cui filtri non sono nient'altro che una riproduzione digitale delle caratteristiche "variazioni sul tema" che offrivano e offrono quelle fotocamere.


Parlare della Lomo è abbastanza comune, tutti più o meno l'hanno sentita nominare almeno una volta venendo in contatto con il mondo della fotografia analogica, ma chi conosce la BeLOMO?
Sarò onesto, fino a quando non mi sono imbattuto in una di queste fotocamere qualche settimana fa cercando su ebay, non ne sapevo nulla neanche io.


BelOMO non è uno stupido gioco di parole, ma la Belorusskoe Optiko-Mechanichesckoye Obyedinenie, ovvero il corrispettivo Bielorusso della Lomo. 
Come quest'ultima è una società che produceva e produce ancora oggi (*) ottiche professionali, ma che si è dedicata alla produzione di fotocamere negli anni '80 e '90. Da questa produzione sono nate alcune copie della Lomo, come la Vilia, copia della celebre Smena, oppure fotocamere molto particolari come la protagonista di questo articolo: la Agat 18.


La Agat 18 è una fotocamera che utilizza i classici rullini da 35mm, molto piccola, fatta quasi interamente in plastica, la cui caratteristica principale è l'essere una half-frame camera, ovvero una fotocamera che nello spazio di una classica foto in orizzontale ne riesce a scattare due, singole, in verticale. Quindi da un rullino da 36 foto se ne tirano fuori ben 72, che con i prezzi a cui sono arrivati i rullini oggi è una caratteristica decisamente molto utile.


Così mi sono messo alla ricerca di un modello in buono stato e funzionante che non costasse troppo (alla fine è pur sempre una macchinetta di plastica). Dopo varie ricerche e offerte rifiutate vengo incuriosito da un modello in ottimo stato, con una descrizione molto chiara, che però si trova in Ucraina. Difficilmente compro al di fuori dell’UE, per costi di spedizione e il rischio di spese doganali, oltretutto in questo caso, vedendo la provenienza, mi sono chiesto se fosse opportuno acquistare qualcosa di cui potevo fare a meno da un paese in guerra e sotto attacco costante. Ma alla fine ho pensato che non ci fosse nulla di sbagliato visto che l’oggetto era in vendita e c'era traccia di feedback lasciati recentemente, e fosse un modo per sostenere in piccolissima parte una persona che vive in una zona di guerra. Una volta acquistato l’oggetto però ho visto in quale città si trovava e il dubbio si è ripresentato prepotentemente, poiché la città in questione era Dnipro, a un centinaio di chilometri dalle zone occupate dai russi. 


Ho quindi deciso di scrivere direttamente al venditore, e visto che mi affascina la storia legata a queste macchine fotografiche, mi son detto: proviamo ad andare più a fondo, dando un senso a questa compravendita che non sia solo la volontà di possedere un oggetto. Gli ho chiesto prima di tutto se non creasse problemi la gestione logistica di questo acquisto e ho colto l’occasione per chiedergli anche se fosse disponibile a raccontarmi qualcosa di più su questa macchina fotografica e in un secondo momento sulla situazione che sta vivendo, per capire meglio.


Andreij mi ha risposto quasi subito, dicendo che era felice di condividere la sua passione e di raccontare anche qualche particolare del periodo difficile che sta vivendo, così gli ho fatto alcune domande.




Nel frattempo la macchina fotografica è arrivata a destinazione con una spedizione rapidissima e senza spese doganali. È un oggetto davvero piacevole da maneggiare, le dimensioni sono perfette ed è leggerissima.


Mi puoi dire qualcosa di più su di te e su come è iniziata la tua passione per le macchine fotografiche?


Ho 35 anni e ho una famiglia, vivo nella città di Dnepr (Dnipro), lavoro in un'azienda dove al momento non ci sono molte certezze. Circa 15 anni fa ho iniziato a interessarmi alle fotocamere e agli obiettivi sovietici per curiosità. Il mio hobby è iniziato quando mio suocero mi ha regalato la mia prima macchina fotografica, una FED-3. Mi sono appassionato subito a quell’oggetto e ho iniziato a collezionarne diverse, andando nei piccoli mercatini locali, per comprarle, tornare a casa a cercare informazioni su Internet e immergermi nella storia delle macchine fotografiche sovietiche. Non sono un fotografo e non lo sono mai stato, mi è però sempre piaciuto avere a che fare con questi oggetti, tenerli in mano e far roteare le ghiere. Dopo un po’ di tempo però mi sono ritrovato con molti pezzi, e non avendo un posto dove tenerli ho dovuto venderne un po’. Così ho avviato una piccola attività.


Invece cosa mi sai dire della fotocamera che ho comprato, la Agat 18?


Ho comprato questa fotocamera un mese fa in un mercatino delle pulci nella nostra città da un signore anziano. Gli anziani oggi ricevono pensioni molto basse e per sopravvivere devono cercare qualche fonte di reddito aggiuntiva, per questo motivo questo signore vendeva al mercatino oggetti appartenuti a lui che ormai non utilizzava più. Potrebbe sembrare strano vedere un anziano che vende le sue cose per mantenersi, ma qui ci sono molti anziani nella stessa condizione, lasciati soli, senza nipoti o figli ad aiutarli. Così per dargli una mano ho pagato a questo signore il triplo del prezzo che chiedeva per questa macchina fotografica.


Dove trovi in genere tutte queste fotocamere? C’è ancora interesse in questo tipo di oggetti lì da voi?


Trovo tutte queste fotocamere in diversi mercati o tramite conoscenti, amici o vicini. Ora poche persone usano la pellicola nel nostro paese e la gente vende o regala cose di cui non ha bisogno. Io do loro una nuova vita, le pulisco, faccio un po’ di manutenzione. Ogni fotocamera ha la sua storia e il suo valore. Le persone anziane le apprezzano molto, perché una volta ci volevano due o tre stipendi per acquistare alcuni modelli, ma i giovani di oggi le guardano con stupore e non comprendono un mondo dove non esistevano gli smartphone. Negli ultimi anni alcuni giovani si stanno interessando alla storia di queste fotocamere e sta diventando di moda avere una macchina vintage, ma sono comunque ancora pochi.


Qual è il pezzo più pregiato della tua collezione e dove lo hai trovato?


La mia preferita era (l'ho venduta circa 10 anni fa) la Fed TSVVS, molto rara, ne sono state prodotte solo 1000. L'ho trovata per caso tramite un annuncio su Internet, si trovava nella città di Kharkov (Charkiv). Ho chiamato il venditore e ho preso un appuntamento, sono saltato subito in macchina senza neanche cambiarmi, con i vestiti che uso per stare in casa, e ho fatto 265 km andata e 265 ritorno solo per andarla a prendere.





Una delle storie che mi piace di più riguardo alle macchine fotografiche sovietiche è che la loro produzione e anche la loro popolarità aumentarono esponenzialmente nel dopoguerra, anche grazie all’utilizzo dei macchinari Zeiss, che furono portati dall'esercito russo come bottino di guerra in Ucraina, a Kiev (e Krasnogorsk in Russia), dopo la sconfitta dei tedeschi invasori. Ora però la storia si è ribaltata e gli invasori sono i russi. Com'è la vita a Dnipro in questi giorni? 


Adesso la gente si sta abituando alla guerra, ma è molto difficile e terribile, ci sono allarmi che suonano ogni giorno e notte, anche oggi la nostra città era sotto i bombardamenti e si sono sentite diverse esplosioni. È davvero spaventoso.


Dov’eri e cosa stavi facendo quando la guerra è iniziata?


La guerra è iniziata la mattina presto, era ancora buio, i dannati russi hanno cominciato a bombardarci all’improvviso, ci siamo svegliati tutti con delle terribili esplosioni, senza sapere dove scappare e cosa fare.


Qual è stato il momento peggiore di questi due anni?


Il momento peggiore è ogni giorno in cui il nemico bombarda edifici e quartieri residenziali, perché non passa giorno senza che ci sia un’esplosione. Uno dei momenti più terribili però è stato quando a un chilometro da casa mia, un razzo russo si è schiantato contro un palazzo di molti piani e ha ucciso un gran numero di persone e bambini innocenti. Tutto questo è accaduto nel week end, quando la gente è tutta a casa. È stato terribile e lo è ancora ogni volta che ci passo e lo guardo.


Ho avuto qualche titubanza nell'acquistare qualcosa di cui potevo fare a meno dall'Ucraina, pensando che potesse creare qualche problema a te e impegnare il vostro sistema postale che forse ha cose più importanti da fare. Credi sia utile comunicare che l'economia dell'Ucraina, soprattutto per quanto riguarda le piccole attività come la tua che vendono all'estero, ha bisogno di continuare a vivere?


Hai fatto la cosa giusta acquistando l'oggetto, sostenendo così noi e la nostra economia. Ti chiedo anzi di fare pubblicità al mio negozio ebay in modo da cercare di aumentare le vendite in questo periodo difficile, ci aiuteresti moltissimo.


Quali sono i tuoi pensieri in questo momento se immagini il futuro?


Penso più che altro al futuro dei miei figli, alla mia famiglia e a coloro che stanno proteggendo tutte le nostre famiglie. La vittoria sarà nostra, perché il bene trionfa sempre sul male. Slava Ukraine 💛💙


Il negozio di Andreji (che non è il suo vero nome, mi ha chiesto di non usarlo) è Ukraine Shop Studio e lo trovate su ebay a questo link.



(*) Non voglio fare alcun tipo di pubblicità alla BeLomo, che oggi è una holding controllata dallo stato bielorusso che ha portato avanti il marchio storico, il cui direttore tecnico è sulla lista nera del governo statunitense per aver operato attivamente in un rete di elusione delle sanzioni alla Russia. Oltre ad essere sotto sanzioni l’azienda stessa (quasi certamente sta rifornendo l’esercito russo, visto il settore in cui opera) a causa del regime di Lukashenko e della sua partecipazione attiva nella guerra al fianco di Putin.










2 febbraio 2024

 In un momento storico in cui le nostre TV e i nostri device sono invasi dall’intrattenimento, in una lotta spasmodica a chi offre di più (dal punto di vista quantitativo più che qualitativo) il cinema torna ad essere arte e ad attirare appassionati nelle sale. 


Il merito diretto e indiretto di questa rinascita, va detto subito, è soprattutto dei piccoli cinema che con fatica in questi anni hanno puntato sulla qualità, cercando con tutte le forze di non cedere alla tentazione di accontentare il grande pubblico e di mantenere intatta una proposta coerente e costante. Passato il periodo più duro mai vissuto, chi è sopravvissuto ha iniziato a raccogliere i frutti di tanta tenacia nel 2023, dimostrando inoltre che un altro modo di vivere il cinema è possibile e anzi è necessario per farlo sopravvivere.

A riportare la qualità al cinema e a riportare le persone a cercarla sul grande schermo sono state per assurdo però anche le piattaforme di streaming che negli ultimi anni hanno cambiato radicalmente la loro strategia. 

Come in tutte le start-up, quando la luna di miele con gli investitori finisce, questi ultimi chiedono risultati e i risultati che chiedono i grandi investitori si raggiungono solo andando a cercare il grande pubblico. Il grande pubblico in poco tempo si trova inevitabilmente abbassando la qualità delle produzioni, riducendo i budget per le grandi serie e andando a rubare fette di mercato ai concorrenti, in questo caso la TV generalista, diversificando il più possibile e creando sempre più contenuti “leggeri” e di facile fruizione che possano accontentare il maggior numero di spettatori possibile.

Il cinema inizialmente ha cercato di cavalcare l’ascesa delle piattaforme, sperando di trovare un nuovo modo di arrivare agli spettatori, salvo poi accorgersi che continuando in quella direzione sarebbe stato fagocitato. 

Così negli ultimi anni si è assistito a una sempre più marcata differenziazione dei prodotti cinematografici da quelli destinati alle piattaforme, i primi sempre più lunghi, impegnativi, alla ricerca di uno sguardo originale da un lato e celebrativo dall’altro, i secondi sempre più omologati, standardizzati in una produzione in serie quasi da processo industriale. 

Al minutaggio fuori misura e alla celebrazione del “cinema”, poi è seguita la ricerca di una sorta di qualità artigianale, di una cura maniacale di tutti gli aspetti, a partire soprattutto da fotografia e musiche.

Contestualmente il pubblico si è accorto che avere un catalogo infinito a disposizione per sempre crea più confusione che altro e probabilmente ha trovato “conforto” nella programmazione dei cinema. Una scelta limitata sia nella quantità di titoli a disposizione che nel tempo in cui questi titoli rimangono a disposizione, con la garanzia che alcuni cinema offrono nella selezione dei film. Alle ore perse per scegliere una serie che nella maggior parte dei casi si rivela una perdita di tempo che richiede spesso anche due o tre puntate prima di abbandonare, inizia a preferire addirittura uscire di casa per andare a vedere quel film che ha scelto fra pochi altri e che sa non rimarrà lì ad aspettarlo per molto tempo. Un evento da condividere con altre persone sia fisicamente che nei commenti social, che riporta a un’esperienza di comunità, rispetto al guardare una serie o un film che nessuno magari in quei giorni sta guardando e ritrovarsi con un’esperienza spesso vuota, sia nei contenuti offerti, sia dal punto di vista della socialità.

Il cinema si è adattato a questa richiesta e ha fornito storie sempre più interessanti, accurate, fatte di piccoli dettagli sorprendenti, di temi profondi ma non elitari. Film che chiedono un discreto impegno e un’attenzione alta ma non impossibili da affrontare. Una sorta di nuovo cinema d’autore che ha trovato la chiave per arrivare a più persone senza compromettersi.

A gennaio 2024 arriva la consacrazione definitiva di questo modo di fare cinema o meglio la rinascita di un cinema mai morto, ma spesso dimenticato dalle case di produzione e dal pubblico, impigrito dalla retorica hollywoodiana che per anni ha spinto un certo tipo di cinema fatto di grandi budget e grandi star. In questa chiave è arrivata una programmazione forse mai vista prima di film che hanno riscosso un successo inaspettato, sfidando grandissime produzioni e film per famiglie. 


Personalmente mi sono accorto di questa tendenza quando a inizio gennaio, andando a vedere l’ultimo film di Miyazaki, Il Ragazzo e L'Airone, mi sono reso conto che tutti nella mia bolla social parlavano del nuovo film di Miyazaki, ma proprio tutti. Poi è arrivato Wim Wenders con Perfect Days e si è ripetuta la stessa dinamica, ma questa volta la bolla social ha sconfinato nel mondo reale e se ne parlava anche in ambienti che frequento, fra colleghi e amici (cosa mai vista per film di questo genere).

Credo che proprio il film di Wim Wenders sia il manifesto di questa rinascita, un film che ha portato il tutto esaurito nelle sale con silenzi ostentati, piccoli gesti e una delicata lentezza, fino ad arrivare a dominare il botteghino (!!) in Italia, scalzando proprio Miyazaki che lo era fino a un paio di settimane prima con il suo film più complesso e metafisico, incassando nel mondo più di 13 milioni di dollari.

Nel 2023 a lanciare la volata è stato forse Anatomia Di Una Caduta di Justin Triet (Palma D’Oro a Cannes), poi sempre a gennaio è arrivato Come Foglie al Vento di Kaurismäki, Povere Creature di Lanthimos, a metà febbraio arriverà Past Lives di Celine Song, che certamente proseguirà una serie positiva che credo abbia pochi precedenti.



Le persone che anni fa si sono spostate per prime sulle piattaforme streaming (Netflix in particolare) alla ricerca di una qualità che la TV non forniva più e il cinema relegava ai margini, oggi stanno tornando, o sono già tornate al cinema per lo stesso motivo. 

C’è infine un aspetto prettamente tecnico dietro a questo ribaltamento di fronte, ovvero la debolezza dell’algoritmo delle piattaforme streaming contrapposta all’efficacia delle sponsorizzazioni social/internet delle case di produzione in compartecipazione con le care e vecchie sponsorizzazioni analogiche su manifesti e giornali (queste ultime tornate di moda anche nel mondo della musica). 

Mentre l’algoritmo non fa altro che proporre esclusivamente contenuti simili a quello che abbiamo già visto, generando una serie di proposte fotocopia a volte anche piuttosto grottesche, le sponsorizzazioni di determinate case cinematografiche o distribuzione riescono a targettizzare gli appassionati usando come filo conduttore la qualità delle loro produzioni racchiuse in un certo tipo di cinema che però non rimane settorializzato in un unico genere o in un unico standard di produzione. Associata poi alle immagini delle locandine viste nel mondo reale, si crea un'affiliazione e una memoria visiva che riesce a far nascere la voglia di partecipare a questo rito della sala cinematografica.

Ricollegandomi al mondo musicale citato poco sopra poi, c'è da dire che le analogie sono molte con le dinamiche di questi ultimi anni e probabilmente è in atto una maintremizzazione del cinema “indie” come quella che ha attraversato la musica negli scorsi anni, guardacaso anche qui durante il picco di espansione delle piattaforme streaming. 

Un merito vero in questa rinascita però c'è l'hanno anche le piattaforme, ovvero quello di aver abituato il pubblico a stili e culture cinematografiche differenti, a produzioni provenienti da ogni parte del mondo, scardinando la centralità e il monopolio di Hollywood, che negli anni precedenti aveva allontanato le persone dal grande schermo. 



12 ottobre 2023




Nel folk americano c’è un fermento che sta riportando il genere ai fasti di un tempo. Questa resurrezione iniziata in piena epoca Trump può essere vista come una rivendicazione del patrimonio culturale americano da parte della contro-cultura musicale. Una “punk wave” antitetica, gentile e misurata, a far da contrappeso alle cafonate trumpiane. Uno dei primi frutti di questo rinascimento è stato l’esordio ufficiale di Sam Burton nel 2020, un piccolo inaspettato capolavoro che si è fatto strada lentamente. A questo è seguito l’esordio altrettanto luminoso di Marina Allen, fino ad arrivare all’affermazione definitiva di Weyes Blood nel 2022 (ma anche Taylor Swift è salita sul carro nel 2020 con Folklore).

Non era semplice per Burton ripetersi, perché il songwriter di Salt Lake City (trasferitosi in California) si muove con passo felpato fra passato e presente, senza mai dare riferimenti precisi. Dear Departed riesce invece a superare il precedente, utilizzando arrangiamenti più curati, una sezione ritmica più incisiva e un uso praticamente perfetto delle orchestrazioni, grazie alla produzione discreta di Jonathan Wilson. I Don’t Blame You è il suo manifesto, elegante e ammantata di tristezza mista a speranza e con Long Way Around forma forse il punto più alto della sua produzione. Canzoni che nel momento stesso in cui le ascolti sembrano già classici eterni. Così come Looking Back Again in cui si possono sentire Tim Buckley o Leonard Cohen, ma sono molti gli artisti che può ricordare, quasi come fosse capace di farti sentire sempre a casa, andando a pescare dal tuo background musicale. Un disco che parla di perdita e di rinascita a seguito di un periodo difficile per l’artista, con testi struggenti e malinconici, un disco che è qui per restare nel tempo, così come il suo autore.







10 agosto 2023

 


Mentre la Meloni inaugurava in pompa magna, con tanto di servizi altisonanti al telegiornale, manco fosse l'inaugurazione del Concorde, un nuovo treno che fa Roma-Pompei una volta al mese, in Campania c'è una linea ferroviaria chiamata Valle Caudina che è ferma da 2 anni a causa di una frana, una linea vecchia e malgestita che però serve un bacino d'utenza (soprattutto pendolari) di circa 120 mila persone fra le province di Benevento, Caserta e Napoli. Nel frattempo da Benevento a Napoli è stato attivato un servizio di bus sostitutivi, se però provate a chiedere alla biglietteria della stazione di Benevento dopo due anni non sapranno dirvi né orari né la compagnia che li gestisce. 

Poco male dai, c'è la linea Napoli-Bari che passa da Benevento, ma i tempi di percorrenza variano dall'ora e mezza alle due ore e un quarto. Sempre se va tutto bene, perché spesso i treni vengono fermati per far passare l'alta velocità, che poi alta velocità non è in quel tratto, e allora su un'ora e mezza potreste accumulare anche 50 minuti di ritardo. 

In tutto questo grazie a Ryanair siamo potuti arrivare da Milano a Napoli in un'ora e mezza (lo stesso tempo che ci si mette per fare i 60 km che dividono Napoli e Benevento in treno) con circa 200€ di spesa in due, avremmo scelto il treno ma di euro ne avremmo dovuti spendere più di 300. Però sempre il governo Meloni ritiene che Ryanair abusi della sua posizione dominante e serva calmierare forzatamente i prezzi che applica. Non parliamo neanche di Ita, la vecchia Alitalia, chi di voi ha preso mai un loro volo che non fosse intercontinentale, pagando di tasca propria? Poi se volete proviamo anche ad andare da nord a sud in treno sotto Natale quando a quanto pare non c'è nessun abuso a fare pagare a studenti e lavoratori che vogliono tornare a casa per le feste anche 400€ per un biglietto ferroviario, tutto bene in quel caso, vero Ministro Urso?

In tutto questo la Sicilia e la Sardegna si incazzano, o meglio i politici che le rappresentano (bei rappresentanti che vi siete scelti), sempre con RyanAir per i prezzi applicati d'estate, dimenticando che quando non c'era il cattivo O'Leary per arrivare in Sicilia si era costretti ai viaggi della speranza di 12/14/24 ore in treno, in macchina o traghetto, o a vendere un rene per un volo, una regione praticamente irraggiungibile e infatti aveva neanche un decimo del turismo di oggi. La Sardegna era in condizioni migliori per una migliore posizione geografica ma anche in quel caso le possibilità di spostamento sono aumentate esponenzialmente da quando c'è Ryanair e in generale le low cost.

Ma noi italiani nati per il gusto di trovare il cattivo di turno, che per carità non siamo mai noi, è sempre l'Europa, la Merkel, Macron, le low cost, noi siamo sempre il paese più bello del mondo con la costituzione più bella del mondo, invece di sistemare le cose che permettono a Ryanair di alzare i prezzi perché anche alzandoli rimane comunque il modo più conveniente e comodo per spostarsi, noi ce la prendiamo con Ryanair, perché per carità non sia mai che riusciamo a spostarci velocemente e a buon prezzo su mezzi del 21esimo secolo, lasciateci nel nostro clientelismo, nella nostra mediocrità, nel nostro isolamento, nel nostro abbruttimento.


26 settembre 2022

 


C'è un momento preciso in cui è iniziata la disfatta del PD in queste elezioni ed è stata la prima volta in cui a Propaganda Live si è vista la gag del vaso degli esteri. 

So che sembra assurdo detto così, ma fino a quel momento Letta era solamente uno stimato direttore di una scuola di scienze politiche francese, un ex politico ormai fuori dai giochi (e lui stesso lo ha ribadito diverse volte) che nessuno avrebbe mai immaginato di nuovo alla guida del PD.




Grazie a quella gag però, e alle successive ospitate, il pubblico e gli elettori di sinistra riscoprono una brava persona e un buon osservatore politico, una figura rassicurante che in un momento di grande incertezza (durante il secondo infinito inverno di pandemia) colpisce per la sua pacatezza e sincerità. 

Nel frattempo inizia a montare lentamente la crisi del PD di Zingaretti, probabilmente la guida più debole e confusa della sua storia, in totale sudditanza e appiattimento sul M5S (come dimenticare le celebri frasi "Avanti con Conte" e "Conte punto di riferimento dei progressisti").

Così un partito in totale annaspo, ostaggio delle proprie correnti e in totale assenza di una linea da seguire, invece di avviare un'opera di ricostruzione, invece di indire primarie vere e aperte a tutti (unico modo a mio avviso di alimentare nuova linfa), si affida al volto familiare, che possa garantire alla sua classe dirigente un futuro di sopravvivenza senza troppi scossoni, in vista del prossimo appuntamento elettorale.

Essere una brava persona però non vuol dire essere un bravo leader, a maggior ragione quando il presunto leader in questione aveva già dimostrato di non essere la persona più adatta a ricoprire quel ruolo. 

Fin da subito la volontà di Letta è quella di riportare il PD a sinistra, ma lo fa in modo piuttosto maldestro e populista, con la volontà di piantare bandierine e far vedere che il PD "c'è" ma poca capacità (o volontà?) di scegliere il momento e il modo adatto. Lo ius soli/scholae sbandierato a fine legislatura e in piena guerra, il DDL Zan fatto naufragare in modo grottesco dando la colpa a Renzi quando era chiaro che il solo Renzi non bastava ad affossarlo ed era forse il caso di guardare internamente e fare un po' di pulizia, e tante altre piccole operazioni "simpatia", fatte più che altro per sfatare il mito del PD partito della ZTL, che per volontà politica.

Gli errori poi si moltiplicano dopo la caduta di Draghi, innanzi tutto con la pessima gestione delle alleanze, ma anche con la pessima gestione delle candidature, e qui ritorna l'intreccio con Propaganda Live. 

Le candidature più in vista di Letta sono più che altro figurine buone per twitter e per le trasmissioni di La7, tant'è che mettendo in fila alcuni nomi sembra di ripercorrere le ospitate o le carrellate di tweet di Diego Bianchi & Co: Cottarelli, Ilaria Cucchi, Civati, Soumahoro, e poi Lopalco e altri. Molte sono persone che stimo (sono molto contento che sia stata eletta la Cucchi), di grande caratura morale, ma molti di loro che radicamento hanno sul territorio a livello politico? Da un lato sembra la solita sinistra autoreferenziale che guarda dentro la sua bolla, ma dall'altro può essere anche una linea politica coerente: candido gente con cui la sinistra si identifica. Poi però ci si ritrova nell'uninominale gente come Casini, Spadafora, Di Maio, Azzolina. Che senso ha? Soprattutto quando si lascia a casa persone come Giuditta Pini, a mio parere una delle migliori di sempre in casa PD e con un fortissimo radicamento sul territorio?

In un elettore più o meno attento come credo di essere io già crea confusione, mi immagino lo scoramento fra i meno appassionati che si ritrovano sulla scheda sopra al simbolo del PD Lucia Azzolina, miss banchi a rotelle.

Questo è stato il primo grande errore, il secondo invece, forse ancora più grande, è un errore di presunzione e ingenuità allo stesso tempo, che arriva prima della campagna elettorale e risponde al nome di Di Maio.

La presunzione di Letta è stata quella di pensare di poter battere il M5S con un accordo "di palazzo" invece che alle urne. Nessun complotto sia chiaro, semplicemente è ormai sotto gli occhi di tutti che il tentativo di Di Maio di spaccare il Movimento nasce in contemporanea con un accordo con il PD e la garanzia di un posto in Parlamento per lui e tutti gli esponenti di spicco che con lui hanno lasciato. Basta guardare le candidature all'uninominale citate sopra. L'ingenuità invece è stata quella di sperare di aprire una breccia nella propaganda interna del M5S, che fin dalle prime avvisaglie di rottura ha fatto partire le cannonate contro Di Maio, dipinto come traditore, venduto, poltronaro e chi più ne ha più ne metta. 

L'operazione Di Maio è stata un gigantesco boomerang che ha fruttato la bellezza di uno zero virgola alle urne, non ha fatto altro che ricompattare il movimento e i suoi elettori, ha tolto ogni elemento di instabilità e lanciato definitivamente Conte come leader assoluto. Oltre ad aver fatto perdere un po' la faccia al PD.


Letta ora lascia un PD che ha fatto pochissimi passi avanti, con un risultato deludente e un'aria di tempesta interna che è più o meno la stessa che si respirava mentre Zingaretti dava le dimissioni. Un anno in cui poteva avviarsi un vero processo di rifondazione, con un risultato elettorale che probabilmente non sarebbe cambiato molto, ma con prospettive diametralmente opposte a questo senso di resa incondizionata alla destra che si respira oggi.