26 febbraio 2013




Difficile trovare un modo per iniziare un articolo che parla della situazione post-elezioni. 
Sì è già detto tutto, ma vorrei analizzare alcuni aspetti che "stanno un po' più in là" rispetto alle solite discussioni. 
Anche perché, dei risultati e della situazione in cui siamo ora, avevo già parlato a dicembre prevedendo con grande anticipo quello che sarebbe successo. Mi ero sbagliato sul risultato del 5 stelle, che pensavo leggermente inferiore (fra il 15% e il 20% al massimo) ma la sostanza non cambia, perché loro non faranno alleanze; PD e PDL per metterlo in un angolo, saranno disposti anche ad andare a braccetto.


Se vogliamo fare un passo importante è arrivato il momento di rispettare chi vota diversamente da noi, e mi riferisco soprattutto agli elettori del PD o a tutti quelli che non hanno votato Berlusconi.
E' arrivato il momento di iniziare a rispettare chi vota Berlusconi.
Ieri non era ancora finito lo spoglio che già era partita la caccia al Berluschino. 
Su Facebook e Twitter era, ed è ancora, una valanga di insulti incontrollati: "vorrei sapere chi sono quei coglioni che l'hanno votato", "Un terzo dei miei amici lo hanno votato, cancellatevi", "morite", "ignoranti teste di cazzo", "Stupidi", "serve il test di intelligenza per l'ammissione alle urne" e via a fare a gara a chi trova l'insulto più originale.

Beh, forse se riescono sempre a fregarvi, gli stupidi non sono loro...

Forse è ora di scendere dal piedistallo e smettere di credere che chi la pensa a sinistra o contro Berlusconi sia in modo assoluto nel giusto.
Bisogna smettere di insultare chi lo vota, prima di tutto per correttezza e per educazione (parola ormai arcaica), e inoltre perché in questo modo l'elettore di Berlusconi non verrà mai allo scoperto. 
Il voto è segreto e quindi ognuno è liberissimo di non dichiararlo, è inutile dire che non hanno il coraggio, che non si prendono le loro responsabilità. E' un loro sacrosanto diritto. 
Soprattutto se dichiararlo significa finire sulla gogna. 

La base di una democrazia, della civiltà, è rispettare chi la pensa diversamente.

Bell'arroganza definirsi "L'Italia Giusta", quando poi non si rispetta uno dei principi fondamentali della democrazia. 
Rispettando chi la pensa diversamente si può fare un passo avanti. Chi vota Berlusconi sarà disposto anche a uscire allo scoperto, bisogna parlare, discutere con queste persone, e capire perché lo votano. 
Solo così si comprenderanno veramente i motivi di questo consenso infinito nel tempo e nei numeri, e forse parlandoci con rispetto, confrontandosi, si può iniziare a cambiare qualcosa e si può capire dove bisogna andare a parare. Capire soprattutto dove bisogna intervenire per dare un alternativa valida a quegli elettori.
Bisogna avere il coraggio e l'umiltà di rispettare il pensiero di queste persone.

Finché gli elettori di Silvio saranno come Viet Cong nascosti nei tunnel di Cu Chi, sarà impossibile batterli.


Per quel che riguarda il Movimento 5 stelle, spero che ora si smetta di gridare a complotti, censure e di recitare la parte dei perseguitati.

Personalmente avrei preferito avere il riscontro finale dell'operato degli eletti nei vari Comuni e Regioni, prima di vederli presentati in parlamento. Avrei preferito che chi avesse già fatto un'esperienza in comune o regione fosse poi sbarcato in parlamento. Avrei preferito che personalità forti come Favia o Salsi fossero sbarcate in Parlamento per prime invece che essere trombate alla prima alzata di cresta.
Ma forse è stata una tattica ben congegnata. Facce completamente nuove che irrompano prima che si sappia se il M5S abbia concluso bene o male il suo incarico in Comuni e Regioni.

Ora avremo in parlamento e in Senato un sacco di persone che non sanno neanche che cos'è un parlamento. 

Non so se sia un bene o un male.

E' come se da un giorno all'altro mi nominassero Ceo della Gibson. Sì, suono la chitarra, qualcosa ci capisco. Ma del mercato del legno e delle materie prime non ne so nulla, delle strategie aziendali neanche, di contabilità nemmeno, della gestione del personale neppure, dei processi produttivi men che meno. 
Posso portare qualche idea fresca e lontana dal solito modo di vedere le cose, ma poi nel pratico chi gestisce l'azienda? Non è obbligatorio, ma forse è meglio partire prima da una piccola/media liuteria per capire più da vicino come si svolge il lavoro, no?

Per quelli che dicono "tanto peggio di quelli che c'erano è impossibile", dico che c'è sempre un gradino da scendere, per andare più in basso.
Spero tanto che non sia il loro caso.

Prima che gli eletti del cinque stelle capiranno come gira il fumo, probabilmente saremo già a nuove elezioni. Ma la mia non è una critica a loro, è solo un dato di fatto dettato dalla situazione.
Spero semplicemente che portino in Parlamento una nuova visione dell'Italia basata sulla realtà vissuta, e non sui racconti di statistiche, numeri e consulenze, basterebbe questo per cominciare.
Sulle votazioni di fiducia, gli accordi, commissioni parlamentari, Rai, e previsioni varie di condotta che ho sentito ieri in varie "tribune", credo sia inutile fare ogni tipo di ipotesi, perché neanche loro adesso sanno cosa faranno nello specifico. Io rimango contemporaneamente dubbioso e speranzoso e confido che la speranza sarà la parte che poi avrà ragione.

Per ora li ringrazio di cuore per averci liberato dai vari partitini e movimenti e personaggi di dubbia credibilità che hanno vessato la nostra democrazia per decenni, dettando legge in ogni sede pur non contando nulla. 
Anche se c'è chi sostiene il contrario, è lampante e inconfutabile che il voto di protesta o degli indecisi, che storicamente era intercettato da questi soggetti secondari, sia confluito tutto nel M5S. E meno male.


Infine due parole su PD e PDL.
E' innegabile che Silvio abbia fatto una campagna elettorale da oscar. Se non fosse stato fermato da problemi di salute prima del suo ultimo comizio, non so se  il PD avrebbe raggiunto l'esigua maggioranza alla Camera.
Inoltre dopo aver fatto alcune riflessioni sono certo che Crozza a Sanremo non sia stato fermato casualmente. Nulla è casuale quando si tratta di B. 
Come ho già scritto nell'articolo su Elio, c'era una claque organizzata guardacaso con esponenti del Pdl. 
Crozza sarebbe stata l'unica interferenza vera al suo tour televisivo, l'unica voce stonata nel suo canto elettorale, non sarebbe stato ininfluente. Avrebbe incrinato fortemente l'immagine di Berlusconi resa candida e vergine dell'ennesimo lifting morale e fisico che ha subito per questa campagna elettorale.

Il vero colpo di genio della sua campagna elettorale però è passato quasi sotto silenzio:

Si è ispirato all'amico Putin per assicurarsi la fedeltà della Lega, mettendo Gonzo Alfano Medvedev a fare la marionetta vestita da premier, e contemporaneamente ha preso ispirazione da Grillo per fare l'uomo immagine della campagna elettorale e far credere a tutti che fosse lui il candidato premier. Bingo.

Sulla campagna elettorale del PD, non c'è nulla da dire, perché è come sparare a un giaguaro che sta segnando il territorio.
Vorrei solo sapere di chi è stata l'idea geniale di invitare Moretti (il simbolo vivente delle manie di persecuzione da Caimano) all'ultimo comizio a parlare per l'ennesima volta degli "interessi del paese ostaggio degli interessi di un uomo solo", e di "liberare l'Italia" da Berlusconi. 
Se non se ne fosse accorto, è dal novembre 2011 che Berlusconi non è al potere.
Come se non bastasse, per finire ricorda a tutti che se l'avversario principale è sempre lui, è anche merito del PD che quando era al potere, si è "dimenticato" di fare la legge sul conflitto di interessi. 
Un colpo da maestro. Ora tutti a bussare alla porta di Palazzo Vecchio. 

Come avevo già pronosticato a dicembre, questi mesi saranno molto bui. 
Speriamo che sia rimasto un fondo di buonsenso da grattare, a cui attingere per portarci fuori da questa situazione disastrosa, che può essere anche peggio di una vittoria di Berlusconi. 

E devono ancora arrivare i risultati delle Regionali...



Vedete, c'è sempre un gradino da scendere...


(Per la cronaca, prima che qualche illuminato di sinistra mi metta alla gogna, non ho votato Berlusconi)




















21 febbraio 2013

Mi sarei aspettato tutto tranne un concerto così. 
In realtà non sapevo bene cosa aspettarmi, ma ieri Glen Hansard mi ha veramente stupito. 

Le mie aspettative erano molto alte, ho scoperto tardi i The Frames con quel disco incredibile che è "Burn The Maps" del 2004, e da lì in poi non ho mai smesso di seguire loro e Glen Hansard, per farla breve erano quasi 10 anni che lo aspettavo. 
Perché nelle varie date che ha fatto in giro per l'Italia in passato non sono mai riuscito ad esserci. Quasi 10 anni nei quali ho consumato i loro dischi, ho imparato a memoria Once, ho cercato tutti i video possibili su Youtube delle sue esibizioni in giro, soprattutto quelle da busker.



Il concerto è stato aperto da Lisa Hannigan che purtroppo non ho fatto in tempo a vedere. Non la conoscevo bene (fatta eccezione per il famoso singolo) ma ho potuto capire cosa mi sono perso nel corso della serata.

Glen arriva per le 21.30 scendendo dalla scala che porta alla balconata del Limelight. 
Due parole su questo posto. In passato era molto utilizzato per i concerti, poi non so cosa sia successo. 
Ma perché sfruttare al massimo i  Magazzini Generali, acusticamente orribili, quando invece si ha un locale praticamente inutilizzato per i concerti, non molto lontano che è decisamente superiore, sia come acustica che come visibilità e disposizione? 

Perché usare un posto dove si vede e si sente male, quando ce n'è uno dove si sente e si vede benissimo? Forse è rimasto chiuso, forse costa troppo per  i live, non so, se qualcuno ha la risposta sono curioso. 
Spero che quello di ieri sera sia l'inizio di una nuova vita concertistica per questo posto. Qualsiasi altro posto va bene purché non si sia costretti a usare i Magazzini per i concerti. Comunque visto l'andazzo dei locali a Milano, cara grazia che ci sono i Magazzini, ma se ci sono altre possibilità...

Dicevo Glen Hansard "scende" sul palco intorno alle 21.30 e con lui c'è una squadra di calcio quasi. Tre archi, trombone, tromba, e in più, vero valore aggiunto della serata, i The Frames ad accompagnarlo: batteria, basso, chitarra, tastiere e violino.

Il concerto parte con i pezzi del suo ultimo disco. La prima parte del live è molto suonata, strutturata, "tecnica", sono tutti molto concentrati a rendere al meglio gli arrangiamenti piuttosto articolati e studiati anche appositamente per il live. Anche lui sembra molto tranquillo e attento a dirigere i musicisti, rispetto ad alcune esibizioni esplosive che ho visto, ma in realtà il vero concerto deve ancora iniziare.

Glen è a tutti gli effetti un cantastorie, uno a cui piace chiaccherare con il suo pubblico, a cui piace spiegare cosa raccontano le sue canzoni. Questa tendenza alla chiacchera produce racconti molto divertenti ma anche molto lunghi, che per chi capisce bene l'inglese possono essere divertenti (come quello dell'uscita in barca da ubriachi verso una luce, che poi arrivati a destinazione si rivela un faro in mezzo agli scogli, con conseguente speronamento), ma per chi non lo capisce molto o anche per chi non gradisce i concerti molto parlati, non è che sia il massimo.

Il primo sussulto si ha con "When your minds made up", stupendo, dove la band, con la forza  della paternità del pezzo si lascia molto andare e dove Glen fatica a contenere la sua voce esplosiva, dopo tutta la pacatezza dell'inizio. Il loro carattere sanguigno viene fuori tutto d'un colpo e il tutto sfocia in un finale che è fuoco puro.

Vorrei spendere anche due parole su questa band, il concerto non sarebbe stato lo stesso se non ci fossero stati loro. Innanzi tutto la confidenza che c'è fra loro sul palco dopo vent'anni di musica insieme è fondamentale e insostituibile. Inoltre il loro valore, la bravura, la sensibilità e la capacità di esprimere sempre il meglio in ogni sfumatura è qualcosa di unico. 

Un batterista con il tocco delicato del jazzista, ma con l'impeto da batterista punk. Un chitarrista con dei suoni cristallini e perfetti in ogni occasione, con un gusto incredibile, e con una tecnica usata sempre al meglio: ha avuto solo pochi secondi di assolo in tutto il concerto, ma in quei pochi secondi ha espresso tutto se stesso senza virtuosismi inutili e con un gusto sublime. Un bassista con un tiro pazzesco e un tocco sempre rotondo, anche lui con la delicatezza di un jazzista ma anche con la "zappa" quando il pezzo lo richiedeva. Tastierista e violinista sempre con il suono e l'idea giusti, veramente la band con cui io, ma credo tutti vorrebbero suonare.

Pensavo di trovare un locale mezzo vuoto invece al contrario, il locale era pieno di gente appassionata, che ha sostenuto Glen nella parte centrale del concerto quasi interamente solo chitarra e voce. La sala è letteralmente esplosa quando ha attaccato "Wishlist" dei Pearl Jam. Evidentemente la collaborazione con Eddie Vedder ha portato i suoi buoni frutti in termini di pubblico e se lo merita.

Dopo un'ora e mezza di concerto i nostri si ritirano per una brevissima pausa, ed è stato normale pensare "ok è finito, due bis e a casa", invece scopriamo poi a mezzanotte e un quarto e che la pausa era soltanto la metà del concerto! Anzi il vero concerto è iniziato dopo la pausa, perché i momenti più emozionanti sono stati proprio nella seconda parte. 

Uno dei momenti più emozionanti in assoluto è stato quando Glen è rientrato da solo e si è messo fronte palco, senza alcun tipo di microfono o amplificazione a fare una manciata di pezzi in versione busker, puramente acustica: lui la sua chitarra e l'attento silenzio del pubblico. 

All'interno di questa session il momento in assoluto più intenso è stato "Say it to me now", veramente toccante, con la voce lanciata letteralmente fuori dalla gola con un cannone. Dopo un paio di pezzi si sono aggiunti anche gli altri componenti dei The Frames , per fare una splendida e corale "Gold" degli Interference (presente anche in Once). 

Finito? No. C'è ancora tempo per ripescare nel repertorio dei The Frames due pietre miliari come Fitzcarraldo e Santa Maria. 

Finito? No,  c'è ancora tempo per far salire sul palco l'altrettanto splendida, Lisa Hannigan. 

La cantante Irlandese mi ha stregato con la sua voce, a metà fra Norah Jones, Lou Rhodes e Beth Orton, giusto per citare le più famose.



Insieme cantano O'Sleep di Lisa Hannigan per poi fare uno dei pezzi che hanno permesso a Mr. Hansard e ai the Frames di riempire il Limelight e altri numerosi locali in giro per l'Europa, ovvero Falling Slowly. 

Con tutto il rispetto per Marketa Irglova, Lisa Hannigan è di un'altro pianeta. 



Finito? No! Fanno finta di andare via, quando Hansard dice "...ancora un altro pezzo", e si rimettono fronte palco, stavolta con tutti i musicisti e Lisa per fare una versione di Passing Trough totalmente "al naturale". Nel corso della canzone, dopo una prima parte eseguita sul palco, prendono alla lettera il titolo e scendono dal palco passando fra il pubblico, senza mai smettere di suonare. Rimangono per più di 5 minuti buoni in mezzo alla sala a suonare e cantare circondati dalla gente, e poi risalire nei camerini suonando fino a che le vetrate della balconata non attutiscono completamente il suono. 

Per il ciclo: "Le foto orribilive del Dolditoriale" tre momenti del concerto in scatti opportunamente effettati per renderli appena appena guardabili.

Non smetterò mai di dire quanto sia incredibile questo artista, non importa con che cosa suoni, non importa dove suoni, non importa con chi suoni, non importa quante persone abbia davanti quanto prestigioso sia il pubblico che assiste, lui canterà sempre con il massimo della passione, come se non ci fosse domani e come se fosse il concerto della vita davanti a centomila persone. 

Ieri sera ne ha dato una prova inconfutabile, sia lui sia i The Frames e anche gli altri musicisti coinvolti. Ho aspettato dieci anni, ma l'attesa è stata ripagata con gli interessi.














20 febbraio 2013

Son più di 10 anni che non vedo un concerto al Forum, forse 15. Non perché non ne veda (anzi), ma perché i concerti che sono abituato a frequentare si svolgono per lo più in posti piccoli.

Nel '99 quando vidi la copertina di Ágætis Byrjun in una recensione su Rockstar, andai a comprarlo solo per quella copertina senza avere idea di cosa ci fosse dentro. Mai avrei pensato che sarebbero stati loro a riportarmi ieri al Forum. Perché nel '99 mai avrei pensato che con una musica così particolare potessero raggiungere un pubblico così vasto. 





Se sono riusciti a farlo è grazie ai loro concerti ( ...e anche a tutti i bambini che hanno contribuito a concepire...).

Non è semplice raccontare un concerto dei Sigur Ros. O meglio, è semplice raccontarlo, perché ci sono molte caratteristiche, molte cose peculiari, molte curiosità, che non si vedono in molti altri concerti; ma è difficile far capire cos'è un concerto dei Sigur Ros. 

Infatti nonostante li abbia visti molte volte, praticamente tutte le volte che sono passati in Italia dal concerto di Venaria Reale nel 2005, non ne ho mai scritto.
Questa volta, complice anche il nuovo blog da rimpinguare, ci proverò.

I ragazzi, dopo il meraviglioso concerto al Castello Scaligero di Villafranca, ci avevano detto che questi concerti invernali sarebbero stati molto più ricchi e diversi dal punto di vista scenografico... mezza bugia. 

In realtà la scenografia era più o meno la stessa, con le "lanterne" (le classiche lampadine piantate su paletti sparsi per il palco che ha usato anche Bon Iver, per esempio) sul palco e le videoproiezioni. 

Proiezioni che a differenza di Villafranca, dove passavano sui videowall già istallati sul palco, ieri passavano su un gigantesco videowall semicircolare che abbracciava tutto il palco con un grande effetto scenico. 
Questa, insieme al telo bianco davanti al palco (già utilizzato anche nel concerto nel 2005, per esempio) per le prime canzoni e qualche gioco di luce in più erano l'uniche differenze sostanziali rispetto al concerto dell'A Perfect Day. Era effettivamente molto più ricca, ma nella sostanza uguale a quella già vista, mi aspettavo un qualcosa di più anche se il risultato è stato comunque spettacolare.

Ad oggi, il loro concerto all'Arena di Milano dal punto di vista scenografico ( e forse anche musicale), nonostante videowall, luci, ed effetti speciali di questo, rimane imbattuto secondo me.

La vera sorpresa è stata la scaletta, nella quale hanno presentato dal vivo due nuovi pezzi, cosa che forse non avevano mai fatto.
Due nuovi pezzi che hanno mostrato una band viva artisticamente, e una band nuova forse. 

Una band in cui non si ha paura di contaminare il suono dei Sigur Ros con il "mondo reale", inserendo ritmi che vanno a pescare anche nella musica elettronica. Con atmosfere molto più dark rispetto a quello a cui ci hanno abituato, atmosfere tristi e a tratti rabbiose, senza quella vena di "speranza" che hanno sempre avuto. 
In più un cantato molto più "metrico", meno vocalizzato e un ritorno a una forma canzone più definita. 
Forse il crack finanziario e lo sfruttamento delle risorse naturali dell'Islanda, insieme agli anni passati in tour lontani dalla loro terra hanno rotto la bolla in cui si è sviluppato il "mondo Sigur Ros"? 

Non so se quello che abbiamo sentito ieri sera è più un divertissment momentaneo per riempire le pause del tour, o se volessero "prepararci" a una nuova evoluzione del loro sound, Si parla di un disco nuovo in lavorazione ma la certezza che questi pezzi siano effettivamente inclusi non c'è. 
Se così fosse, godeteveli perché forse poi non saranno più gli stessi.

Mi sono soffermato molto su questo aspetto, perché con la dipartita di Kjartan e dopo un disco non proprio esaltante (secondo me), avevo il timore che il loro ciclo artistico fosse in parabola discendente, invece ieri sera ci hanno dimostrato che sono più vivi che mai e sono pronti a stupirci.

Chi non li ha mai sentiti attentamente, e chi non ha mai avuto la possibilità di vederli dal vivo, può pensare che i loro concerti siano noiosi e facciano addormentare. 
In realtà sono di una potenza e un'intensità inarrivabile per qualsiasi altra band. Gli unici che possono competere con loro sono i 65daysofstatic. Tutti e due hanno la capacità di andare sempre oltre, hanno sempre qualcosa nella manica da tirare fuori quando stanno dando il massimo. Quando credi che siano al massimo del volume, alla massima carica di suoni, al massimo del "pestaggio" sugli strumenti, tirano sempre fuori qualcosa in più, riescono sempre ad andare oltre il limite.

Essere a un concerto dei Sigur Ros vuol dire essere investiti da una tensione emotiva difficilmente riproducibile in qualunque altra situazione. Essere a un concerto dei Sigur Ros vuol dire non riuscire neanche ad applaudire fra un pezzo e l'altro per la meraviglia a cui si è assistito. Io lo metterei come regola ai loro concerti: niente applausi fino alla fine, come nei concerti di musica classica, perché credo che spezzino molto la tensione emotiva che si crea. 
Assistere al loro concerto vuol dire entrare in un altro mondo dopo il terzo pezzo. I primi tre si riesce a rimanere lucidi, ad analizzare tutti i vari aspetti, a fare qualche commento con gli amici,  poi si entra in uno stato di trance in cui non si dice più una parola, si rimane lì immobili a cercare di catturare tutto il suono e le sensazioni che esprime. Ieri questo "passaggio" è coinciso con "Saeglopur".
Un concerto dei Sigur Ros, potrebbe essere visto anche ad occhi chiusi (cosa che faccio e ho fatto spesso in vari pezzi). Perché l'aspetto sonoro è così ricco, così pieno, così evocativo, che quello visivo, nonostante la scenografia pomposa passa totalmente in secondo piano.

La vera sfida e novità per loro oggi, sarebbe abbandonare le grandi scenografie e fare un concerto al "buio", con solo qualche occhio di bue fisso a illuminare le postazioni e nient'altro.

Una mia pessima foto di ieri. 


Tornando alla cronaca spiccia, il concerto è stato un flusso continuo, senza grosse pause fra un pezzo e l'altro, il momento più intimo e "toccante" è stato "Vaka", è incredibile quello che riesce a creare quel pezzo. 

Poi, con il classico boato del pubblico ad accoglierla, è arrivata "Hoppipolla" che al contrario è stata il momento più allegro. Infine la spettacolare "Glosoli" a chiudere la prima parte del concerto.
Il rientro è affidato a Svefn-g-Englar, con il suo caratteristico e spettacolare cantato nel pickup della chitarra.
Il finale poi è stato affidato alla monumentale Popplagio. 

I Sigur Ros noiosi? Sentitevi la botta clamorosa che ha questo ultimo pezzo dal vivo. 

Come sempre sono stati all'altezza delle aspettative, ormai sempre più alte, che si hanno quando si va a un loro concerto. Anche ieri hanno dato il massimo e il risultato è stato stupefacente.
Se devo essere sincero è mancata "Festival" che fa sempre un grande effetto dal  vivo, ma la scaletta presentata ha dato dimostrazione di grande forza e grande vivacità.
Quando sul palco si da tutto e anche di più, non c'è musica di nicchia che tenga, il pubblico risponde a gran voce ed espande il verbo, fino a portare un piccolo e strano gruppo islandese ad essere punto di riferimento mondiale. 

Appuntamento a Ferrara Sotto le Stelle.













15 febbraio 2013

Diciamoci subito la verità, se quest'anno a Sanremo non ci fosse stato Elio, sarebbe un Sanremo qualunque.


Anzi peggio, un Sanremo senza neanche una vera bella canzone che svettasse sulle altre, senza una "Bellezza" di Renga, o un "Chiamami Ancora Amore" di Vecchioni. Un Sanremo piuttosto piatto se non fosse per l'episodio di Crozza, attaccato palesemente da un claque organizzata, con tanto di intervista al contestatore guardacaso in forze al Pdl, rilanciata su quasi tutte le testate giornalistiche. Ma forse dopo la sparata di Kazzenger Giacobbo non c'era neanche bisogno di andare a Sanremo.



Anche la Littizzetto da un grosso contributo a rendere un po' più vivo questo Festival, nonostante le critiche è l'unica "comica" che è riuscita a mantenere la sua naturalezza su quel palco e non si è fatta intimidire dall'istituzionalità del ruolo e dalla responsabilità di unica donna del Festival, riuscendo anche a fare interventi seri e intelligenti con una semplicità disarmante. Provate a fare un confronto con l'imbarazzante mediocrità di Papaleo o gli impacciati Luca e Paolo o le varie "farfalline" che si sono avvicendate a fianco dei presentatori... non c'è confronto.

Ma dicevamo, se non ci fosse stato Elio...
Nonostante la popolarità, nonostante la visibilità data con la vecchia partecipazione a Sanremo e quella a X Factor, il popolo italiano è molto diviso nel giudizio sul simpatico gruppettino, diviso non tanto fra chi li ama o li odia, ma fra chi li capisce e chi no. Perché la grande differenza, e in alcune cose la grande difficoltà, è capire veramente chi sono, e molto spesso, sia chi li ama che chi li odia in verità non ha capito bene "chi sono", soprattutto chi sono oggi.

Perché gli Elio e le Storie tese di oggi sono profondamente diversi da quelli di una volta.
Una volta potevano essere incasellati nella definizione semplicistica di rock demenziale, oggi invece sono a tutti gli effetti un gruppo di art-rock/pop nella inclinazione più ampia del termine. Non sono più gli esplosivi ragazzi di "Servi della Gleba", oggi sono sottilmente geniali, guardano le sfumature, non puntano più a stupire per forza, ma puntano al particolare sottile e di disturbo. Le testone di Sanremo sono una perfetta rappresentazione di quello che sono gli Elii oggi.



Purtroppo da molti sono considerati solo un gruppo di "cazzoni", quando invece i "cazzoni" sono fra i più grandi professionisti dello spettacolo che abbiamo mai avuto in Italia. E non è solo il classico "Sì, ma come suonano bene però", sono artisti illuminati ,curiosi, sempre pronti ad affrontare una nuova scommessa, a mettersi in gioco, a sperimentare.

Dietro quei "cazzoni" per esempio si cela un grande autore comico e televisivo (Rocco Tanica), dei grandi musicisti fusion e jazz e di qualsiasi altro genere suonabile  (Faso, Meyer, Cesareo), un attore di teatro e cantante lirico (Elio), dei maestri (diplomati in conservatorio) nei rispettivi strumenti, impegnati in mille progetti alternativi: prendetevi del tempo per leggere tutto quello che hanno fatto nella loro carriera (mi piacerebbe sapere cosa direbbe Sea Wolf sulle loro pagine Wikipedia...).

Ma puntiamo la lente su questo Sanremo.
La Canzone Mononota ha spaccato in due il pubblico, chi li ha già eletti vincitori morali e chi li ha disprezzati per una canzone apparentemente inutile e banale. Ma anche qui, non so bene fino a che punto sia stata capita da tutte e due le parti.

Sanremo è il Santuario Mondiale della Melodia, è il luogo in cui la ricerca della melodia perfetta è allo spasmo, dove la musica orecchiabile (parola che dovrebbe essere vietata per legge, il "Tutti insieme, è orecchiabile" detto da Elio su Dannati Forever è stato un momento epocale del Festival) trova la sua ragione di esistere, dove i virtuosismi vocali sono l'unica ragione di esistere, dove la ricerca del ritornello canticchiabile è dogma, dove da 60 anni la grande tradizione italiana del Bel Canto regna sovrana. In quel contesto riuscire ad entrare portando una canzone cantata con una nota sola, senza alcuna traccia di melodia, è come entrare in San Pietro nudi con una croce come perizoma, è come telefonare a Bill Gates con un IPhone, come fare la sagra della porchetta in una moschea, come andare a visitare la casa Bianca travestiti da Ahmadinejad.
E' andare a Sanremo negando l'essenza stessa di Sanremo, è blasfemia pura.

Molti hanno detto: "Eh, ma che ci vuole a fare una canzone con una nota sola?". 
Visto che ormai siamo tutti esperti di cucina, immaginate una prova di Masterchef:  "Dovetti preparari il pranzo di Natale: lasagne, pesci, arosto, un pranzo complettto e elaboratto. Avettte a disposizioni ogni strumento e utensile immaginable, però... dovete prepparre tutto utilissando solo un appribottillie e una cafetierra."
Difficile? Ecco questo è quello che sono riusciti a fare Elio e le Storie tese con la Canzone Mononota.
Perché in fondo è vero, tutti sarebbero capaci di fare una canzone così, ma quanti sarebbero capaci di fare una canzone sensata, completa, varia, strutturata, con tutte le variazioni e sfumature che hanno utilizzato loro?



Dimenticatevi per un attimo della voce di Elio, ascoltate la musica, sentite quanti generi vengono toccati in una canzone sola, ascoltate la trama ritmica quanto è elaborata, quante variazioni. Sembra banale ma ogni battuta c'è una variazione, uno stop, un rilancio. Ad un ascolto distratto sembra tutta in 4/4, ma ascoltando bene di battute in 4/4 puro ce ne sono poche. E' piena di tempi dispari, anticipi, ritardi, tutto senza però spezzare l'andamento della canzone. E' un'opera fusion travestita da canzonetta, con all'interno anche citazioni, omaggi ad altri artisti e canzoni. Ascoltate gli arrangiamenti dell'orchestra come sono ricchi, in particolar modo prestate attenzione all'arrangiamento superbo che ha quando rimane da sola, roba da opera classica. Nessuno ha saputo sfruttarla al massimo come loro. Ascoltate quanti accordi, quante note ci sono dietro alla "mononota", ascoltate quando fanno la parte di samba (!!!).
Siete ancora convinti che chiunque sarebbe riuscito a fare una cosa del genere?
Oltre a questo, non è poi così semplice rimanere intonati sempre sulla stessa nota, con tutte quelle variazioni alle spalle, variando l'iterpretazione, il volume e l'intensità.
E alla fine il testo: riuscire a fare una canzone con una nota sola che parla solo della canzone stessa, vuol dire aggiungere difficoltà su difficoltà. Anche qui non è fatto in modo banale, analizza tutti gli aspetti della canzone, in modo sensato, spiegando la canzone stessa, dando anche dei piccoli aneddoti di storia della musica. E alla fine la parte più geniale di tutto il pezzo:

"Democratica, osteggiata dalle dittature, fateci caso: l'inno cubano è pieno di note".






Questo Sanremo, per quanto mi riguarda, è la consacrazione definitiva degli Elio e le Storie Tese come ARTISTI totali, veri e unici. 






14 febbraio 2013




Intervista via mail.

Ho inviato ad Alex Brown Church qualche domanda per capire qualcosa di più sul suo disco e conoscerlo meglio, quello che vedete qui sotto è il risultato: il ragazzo non è uno che risparmia le parole e ci tiene molto dare una chiara immagine di sé e della sua musica.


Ciao Alex, partiamo dal tuo nuovo album, pubblicato in Italia un po’ in ritardo rispetto all’uscita ufficiale. Sarò onesto, ti ho scoperto con questo disco e mi è piaciuto molto, ma ascoltando i tuoi vecchi dischi mi sembra che “Old World Romance” sia un pochino diverso, più vicino all’indie che al folk, cosa ne pensi?

Penso che le persone abbiamo differenti modi interpretare il significato di “indie”, e vorrei dire che i vecchi dischi non siano meno indie del nuovo. Ma capisco cosa intendi, perché il nuovo album ha sicuramente sonorità meno folk del precedente, e quindi si può dire che sia un po’ meno “indie-folk” e un po’ più “indie-rock”.

La tua intenzione di partenza era di cambiare un po’ il tuo sound o è stata un evoluzione che si è palesata man mano che scrivevi?

In realtà tutte e due le cose. Volevo che le nuove canzoni suonassero meno folk perché volevo fare qualcosa di nuovo e più contemporaneo, credo che partendo da questo presupposto sia stata poi una naturale evoluzione. Non ho mai stabilito a priori che dovessi fare indie-folk comunque, quel tipo di suono è venuto fuori in maniera naturale quando ho registrato il primo disco, Leaves in the River.
Mi piaceva l’idea di fare canzoni tranquille, con un interessante tessuto sonoro e testi descrittivi, piuttosto che pezzi rock urlati. Penso che scrivere canzoni partendo da una chitarra acustica le spinga inevitabilmente in territori più folk, inoltre amando il suono del violoncello, del marxofono e dell’organo ho voluto inserirli spesso per dare colore alle canzoni.
Il nuovo disco è fatto sempre partendo da una chitarra acustica, ma sentivo di aver fatto tutto quello che volevo con quei determinati suoni e quindi volevo provare qualcosa d’altro, qualche suono nuovo. Ho usato quello che mi piaceva sul momento, poi chissà in che direzione andrà Sea Wolf in futuro.

Andiamo Avanti a parlare del suono del tuo nuovo disco, Old World Romance sembra un vero disco “home-made” (con un suono e una produzione professionali naturalmente). Ascoltando le canzoni ho un’immagine di te, solo nella tua stanza con i tuoi strumenti e le tue attrezzature per registrare mentre suoni e registri tutto da solo. E’ vicina alla realtà quest’immagine?

Sì, è stato sicuramente così durante il processo di scrittura. Ho scritto tutte le canzoni da solo, nel mio studio, solitamente con la compagnia di una tazza di caffè. Una volta pronte le canzoni, le ho registrate, ma solo le parti di cui avevo un’idea precisa di come dovessero essere, per esempio voce e chitarre. Successivamente però  ho voluto altre persone con me per aggiungere basso, tastiere, batteria o qualsiasi altra cosa. Dopo questa fase  tornavo nel mio studio a lavorarci per un po’ e quando arrivavo al punto in cui mi sembravano complete o quasi complete, richiamavo ancora alcuni musicisti per finirle o per fare qualsiasi cosa ci fosse bisogno.

Oggi molti produttori tendono a fare produzioni ultrapulite, senza nessun tipo di imperfezione e personalità, molto cristalline e con suoni molto pompati. In Old World Romans invece credo che il mixaggio e la produzione artistica siano stati molto attenti a non contaminare la delicatezza, l’intimità e l’idea di “fatto in casa” che traspare fin dalla prima nota. Ho apprezzato molto quest’aspetto.

Ho deciso di produrre il disco da solo perché volevo ritornare alle origini, a “Leaves in the River”, sia come metodo di scrittura che come registrazione. Registrai quel disco principalmente da solo nell’arco di un anno circa, con amici che sono venuti a suonare i loro strumenti qua e là, e poi lo portai a Seattle per ultimarlo con il produttore Phil Ek. Il secondo disco “White Water, White Bloom” l’ho realizzato con un band al completo chiusi in studio per 5 settimane, in Omaha, con la co-produzione di Mike Mogis. Sono felice del modo in cui è venuto “White Water”, ma nello stesso tempo ho sentito la mancanza di tutto il tempo che ho avuto per stare da solo con le mie canzoni, come è avvenuto per “Leaves”.
E visto che ho fatto questi dischi con dei produttori leggendari, ho imparato da loro cosa significa produrre un disco.

Avevi un’idea molto chiara di come avrebbe dovuto suonare il tuo disco e quindi hai deciso di produrlo da te, senza che passasse nelle mani di qualcun altro? O è stata più una sfida, o una tua evoluzione, o cosa?

Per quel che riguarda il sound, non avevo un’idea precisa di come avrebbe dovuto suonare “Old World”. Non ho voluto sprecare tempo per stabilire a priori che ogni elemento dovessero suonare in una certa maniera.  E’ la cosa di cui mi sono sempre preoccupato di più in passato, ma alla fine il risultato non è mai stato quello che avevo in mente all’inizio, e per questa volta ho deciso di affrontare la cosa con più tranquillità.
La cosa più importante per me in questo disco è stata catturare la sensazione del momento, la performance. Questo non vuol dire che non abbia prestato attenzione alla qualità del suono, ma ho evitato di stabilire il suono che volevo prima di sentire cosa sarebbe venuto fuori.

Com’è stato lavorare con Kennie Takahashi (Broken Bells, The Black Keys, Jessica Lea Mayfield)?

E’ stato fantastico lavorare con lui. E’ tipo tranquillo  e molto sveglio. Penso che abbia ripulito abbastanza le registrazioni che suonavano molto più sporche prima, ma è stato molto attento a non ripulirle troppo. Il suono del disco deve molto al suo mixaggio.

Mi pare che il suono sia vicino alle produzioni indie dei primi anni 2000 ed è un gran bel suono. I pezzi più rock come “Changing Seasons” “Miracle Cure” or “In Nothing” mi ricordano qualcosa dei Pinback, li conosci? Hanno avuto qualche influenza su di te o è solo una coincidenza?

E’ interessante, non mi avevano mai accostato ai Pinback. Non sono sicuramente un’influenza perché non ho molta familiarità con la loro musica. E’ più una coincidenza, visto che ho cercato solo di  avere qualcosa che suonasse bene alle mie orecchie e questo poi è stato il risultato.

Per te Sea Wolf è più un progetto solista, o un progetto aperto, o una band?

Per quanto riguarda la realizzazione dei dischi è più un progetto solista, in cui ci sono le mie canzoni suonate alla mia maniera. La mia musica si presta anche ad essere suonata con una band al completo però, dal vivo diventa più una band che un progetto solista, con anche un grande impatto sonoro e molta energia. Qualche volta faccio anche esibizioni più intime, o da solo con la chitarra acustica, ma raramente.

Sei sui palchi dalla seconda metà degli anni ’90, ma non si sa molto di te. La tua pagina su wikipedia è molto breve per esempio. Ci tieni alla tua privacy?

Certo, ci tengo alla privacy, ma in fondo credo ce ne siano di informazioni su di me in giro. Anche se ho suonato in varie bands dal ’98, Sea Wolf è attivo solo dal 2000, e probabilmente è per questo che si trovano solo informazioni sul progetto Sea Wolf in giro.

Cerchiamo di scoprire qualcosa su di te allora, ti consideri più un solitario o ti piace stare in mezzo alla gente?

Mi piace la socialità, e ho bisogno di avere una cerchia di amici molto stretti intorno a me.  Ma mi piace anche prendermi il mio tempo per stare da solo. Forse perché sono cresciuto come figlio unico, senza televisione e molto tempo libero da passare da solo a pensare a cosa fare e a fare qualsiasi cosa volevo. Direi che mi piace vedere amici ogni giorno, ma allo stesso modo ho bisogno ogni giorno del mio tempo con me stesso.

Vivi ancora a Los Angeles?

Sono originario della Californi dal Nord, e mi sono spostato a Los Angeles negli anni ‘90 e sono più o meno sempre stato qui. Ho recentemente vissuto 3 anni a Montreal però, e sono tornato stabilmente a Los Angeles nel 2010. “Old World Romance” ha molte canzoni che parlano delle sensazioni al mio ritorno a casa dopo essere stato a Montreal.

E’ Curioso mettere a confront la tua musica così intimista con una città gigantesca come Los Angeles. In passato L.A. era la città dei Guns n’ Roses, dei Motley Crue, RATM, Metallica, Slayer, Tool, RHCP…
In questo “casino” come è cresciuta la tua passione per la musica folk e indie?

In effetti, le cose però nel frattempo sono molto cambiate. Se Los Angeles ha dato una determinata immagine di sé all’esterno è difficile immaginare cosa possa essere, ed immagino che sia dura immaginare cosa ci faccio qui. Ma a meno di essere stati qui e di essere stati in tutte le sue differenti zone, è difficile capire cosa sia L.A.
Io vivo nella parte nord, un’area piena di artisti indie.  Silverlake, Echo Park, Highland Park. La zona in cui sto, è una delle zona a più alta concentrazione hippie d’America . E’ molto tranquillo, immerso nelle colline, con molti parchi e verde e le montagne a fare da sfondo. Lontano da Hollywood e Sunset Strip. 
Come vicini di casa ho i Local Native, i Best Coast e Ariel Pink. E’ un posto che si sposa bene con la mia musica.
Non è una cosa così strana qui essere appassionati di folk e indie e vivere una grossa città. Infatti se poi vai a vedere molti fan di questo tipo di musica vivono in grandi città e la musica di cui hai parlato prima è più roba da gente di periferia o che vive nelle zone rurali.
Penso che la musica indie sia apprezzata da gente con una mente più creativa e questo tipo di persone tende a gravitare nei grandi centri urbani.
Per la natura intimista della mia musica penso che in alcuni casi sia certamente quella la sensazione che esprimono, specialmente nel primo disco, ma credo che poi ci siano anche altre atmosfere nei miei pezzi.  E non è detto che una musica intimista sia per forza legata a un luogo che la rispecchi.

Verrai in Italia a suonare le tue canzoni?

E’ nei piani! Ma non so se riuscirò a portare tutta la band. Molto probabilmente sarà una situazione più spoglia, con me e un altro paio di musicisti, forse in estate o in autunno.

Grazie, a presto allora!

Grazie a te!

5 febbraio 2013


Vi è mai capitato di parlare di un film e nel momento in cui state per nominare l'attore principale il nome vi sfugge?

Fino a qualche tempo fa il nostro cervello doveva fare degli sforzi sovrumani per superare quel blocco che ci impediva di arrivare al nome.

A volte capita che non si riesca a superarlo per ore, anche giorni, fino a che improvvisamente, in un momento in cui stiamo pensando a tutt'altro, il nome arriva all'improvviso.

 E’ molto affascinante questo meccanismo della nostra memoria.

Oggi questo blocco, molte volte viene superato artificialmente e in pochi secondi... come?

Con uno smartphone.





Se prima la possibilità di cercare su internet un'informazione era un "lusso" che ci si poteva permettere solo a casa o in ufficio, ora abbiamo la possibilità di accede in ogni momento alla rete.

Questo ci permette di avere in ogni momento l'informazione che ci interessa anche se l'informazione non è immagazzinata nel nostro cervello.

Nel momento in cui anche il più ignorante può acquisire un'informazione in pochi secondi, la conoscenza didascalica, la memoria nozionistica dell'individuo perde di importanza.

Pensate a un banale quiz radio-telefonico, per esempio. Oggi la risposta esatta in qualsiasi momento può arrivare sia per conoscenza dell'individuo che con una ricerca veloce su google.

Pensate, per fare un altro esempio, all’utilizzo di Shazam o Soundhound, per scoprire “che canzone è”.  Utilizzandole sempre,  il cervello perde  l'abitudine di sforzarsi a riconoscere gli elementi peculiari di una canzone  e andare a ritrovare quegli elementi nella propria memoria, per catalogare la canzone (io infatti non le uso mai e non le ho neanche scaricate).

Quanti di voi riescono ancora a memorizzare i numeri di telefono?

Quanto ci mettete adesso a memorizzare una strada con il navigatore sempre sott'occhio?

Con il tempo ci abitueremo ad avere tutta la conoscenza del mondo sempre a portata di mano, inevitabilmente il cervello perderà l'abitudine a memorizzare nozioni, informazioni. Non avrà più importanza per noi ricordare determinate cose, perché avremo una memoria supplementare sempre pronta ad essere consultata.

Allora che fine farà la nostra memoria? Cosa succederà progressivamente a quella parte di cervello che ora viene utilizzata per immagazzinare quante più informazioni possibili?







Fino a qualche tempo fa, accedere a internet con lo smartphone era ancora abbastanza macchinoso, sia per la velocità della rete telefonica, che per i passaggi da fare. Oggi basta dire "cerca..." al nostro telefono e la risposta arriva in un attimo sulla pagina wikipedia corrispondente. Questa facilità di accesso alle informazioni è, e sarà, sempre più immediata, sempre più rapida.

E' diventato quasi più semplice e veloce reperire un'informazione su internet che nella nostra memoria, internet sta iniziando a competere in velocità con il nostro cervello e ben presto probabilmente diventerà più "veloce" della nostra memoria.

Se ci pensate bene, la situazione attuale non è molto lontana dal fantascientifico "chip" impiantato nel cervello come memoria supplementare.

Quando in futuro non ci sarà bisogno di fare nessuna azione per arrivare all'informazione via rete, ma basterà un piccolo gesto o solo il pensiero; come si svilupperà il cervello di una bambino che nascerà con questa tecnologia nativa?

Come l'evoluzione, nel tempo, modificherà le funzionalità del nostro cervello a favore di qualche altra abilità più importante nel contesto che si andrà a creare?

Questi sono quesiti a cui è difficile dare una risposta definitiva. Il cervello è un organo di difficile comprensione per i dottori e per gli scienziati, figuriamoci per un blogger qualsiasi, ma sarebbe interessante sentire delle ipotesi ipotesi a riguardo.

Sicuramente lo sviluppo della nostra mente dipenderà anche dagli aiuti tecnologici che arriveranno in altri campi, ma è veramente complicato fare una previsione. Potrebbe aumentare la capacità di calcolo, o la capacità decisionale, o lo sviluppo dei sensi, oppure, per restare in tema di fantascienza e fantasia, potremo sviluppare finalmente i tanto desiderati "superpoteri".