29 ottobre 2013





E' il momento della verità anche per Miles Kane, pacco o certezza? Illustre raccomandato (da Alex Turner) di passaggio o destinato a diventare e rimanere il nuovo capo del fù Brit Pop?

Il nuovo disco "Don't Forget Who You Are" può essere un buon elemento per dipanare questi dubbi, o forse no.
Innanzi tutto si presenta molto più diretto e tirato del suo debutto. La lieve componente garage rock che si sentiva in "Colour of the Trap" sparisce nei suoni, lasciando spazio a suoni più brillanti e definiti, ma si manifesta in riff più taglienti e in canzoni molto più dirette e meno arrangiate.

Ascoltando il secondo disco di Miles Kane si ha la netta impressione che sia stato forgiato durante il lungo pellegrinaggio sui più grandi palchi d'Europa fra festival e date di supporto agli Artic Monkeys.

Sembra un disco fatto apposta per far esplodere il pigro pubblico dei pomeriggi festivalieri.
Un disco carico e divertente, un disco che se siete a una festa che ha preso una brutta piega, potrebbe raddrizzarvela nel giro di mezz'ora, con tanto di lento da limone nel mezzo. Oppure da ascoltare durante una vacanza in macchina, o durante un giro in bici in città in una giornata primaverile.

L'apertura è affidata a "Taking Over", un pezzo che parte con un riffone blues, cupo e sinuoso per poi aprirsi a ventaglio su un ritornello molto pop che ricorda alcuni suoi predecessori, per poi cambiare ancora sullo special con un bel riff stop n' go di chitarra. Decisamente un ottimo inizio. Si prosegue con la title track che riprende le atmosfere western già sentite sul disco dei "Last Shadow Puppets" per poi ricalcare l'apertura del precedente su un ritornello fatto apposta per essere cantato in coro, con tanto di "la lalalalala""Out of Control" è un altro riempipista irresistibile, ma tutto il disco è formato da canzoni che non dovrebbero mai mancare nella playlist di un dj indie-rock.



Gli unici due momenti per poter fare la fila al banco del bar o per avere un contatto ravvicinato con la tipa che state broccolando da quando siete arrivati sono "Out of Control", una classicissima ballad brit pop, e "Fire in My heart" un pezzo chitarra acustica e voce, con un piano a impreziosire il tessuto sonoro e un batteria leggerissima in sottofondo. Sono rispettivamente la traccia 4 e 8, anche le tempistiche della tracklist sembrano fatte apposta...

Per il resto il piede rimane pigiato sull'acceleratore. Se cercate brit pop, rock da ballare, se siete fan di Oasis, Blur, Kasabian, dei primi Artic Monkeys, ma anche dei Jam, Suede, Verve, Pulp, Stone Roses... insomma, ci siamo capiti, "Don't Forget Who You Are" diventerà una costante nei vostri ascolti e con questo disco Miles Kane conferma di poter essere un punto di riferimento per il futuro di quel tipo di musica senza però diventarlo. 

Sarebbe scontato dire che è un disco derivativo, perché è tutto il genere che è derivativo, e da sempre rimane più o meno uguale a sé stesso. E' anche questa la sua forza e il motivo per cui dopo più di 30 anni siamo ancora qui a parlarne. Non si può chiedere a tutti di fare musica innovativa e originale, perché sarebbe impossibile, ma comunque questo rimane un punto debole del disco di Miles Kane.

"Don't Forget Who You Are" è un disco facile, che ti entra subito in testa. Purtroppo però è anche uno di quei dischi che ne esce in fretta, che si esaurisce dopo pochi ascolti.

E' un secondo disco anomalo, di solito sono più ostici del primo, più ricercati, invece Miles Kane furbamente punta tutto sull'immediatezza, sul ritornello bomba, sul riff rock n' roll. Per assurdo invece di consolidare il suo stile, rispetto al suo debutto, si è un po' annacquato e omologato a dei cliché consolidati. Molte volte tocca il limite al limite fra la citazione consapevole e volontaria e lo scopiazzamento, come in si nota in maniera inequivocabile su Tonight/You Really Got me Now.



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