In un momento storico in cui le nostre TV e i nostri device sono invasi dall’intrattenimento, in una lotta spasmodica a chi offre di più (dal punto di vista quantitativo più che qualitativo) il cinema torna ad essere arte e ad attirare appassionati nelle sale.
Il merito diretto e indiretto di questa rinascita, va detto subito, è soprattutto dei piccoli cinema che con fatica in questi anni hanno puntato sulla qualità, cercando con tutte le forze di non cedere alla tentazione di accontentare il grande pubblico e di mantenere intatta una proposta coerente e costante. Passato il periodo più duro mai vissuto, chi è sopravvissuto ha iniziato a raccogliere i frutti di tanta tenacia nel 2023, dimostrando inoltre che un altro modo di vivere il cinema è possibile e anzi è necessario per farlo sopravvivere.
A riportare la qualità al cinema e a riportare le persone a cercarla sul grande schermo sono state per assurdo però anche le piattaforme di streaming che negli ultimi anni hanno cambiato radicalmente la loro strategia.
Come in tutte le start-up, quando la luna di miele con gli investitori finisce, questi ultimi chiedono risultati e i risultati che chiedono i grandi investitori si raggiungono solo andando a cercare il grande pubblico. Il grande pubblico in poco tempo si trova inevitabilmente abbassando la qualità delle produzioni, riducendo i budget per le grandi serie e andando a rubare fette di mercato ai concorrenti, in questo caso la TV generalista, diversificando il più possibile e creando sempre più contenuti “leggeri” e di facile fruizione che possano accontentare il maggior numero di spettatori possibile.
Il cinema inizialmente ha cercato di cavalcare l’ascesa delle piattaforme, sperando di trovare un nuovo modo di arrivare agli spettatori, salvo poi accorgersi che continuando in quella direzione sarebbe stato fagocitato.
Così negli ultimi anni si è assistito a una sempre più marcata differenziazione dei prodotti cinematografici da quelli destinati alle piattaforme, i primi sempre più lunghi, impegnativi, alla ricerca di uno sguardo originale da un lato e celebrativo dall’altro, i secondi sempre più omologati, standardizzati in una produzione in serie quasi da processo industriale.
Al minutaggio fuori misura e alla celebrazione del “cinema”, poi è seguita la ricerca di una sorta di qualità artigianale, di una cura maniacale di tutti gli aspetti, a partire soprattutto da fotografia e musiche.
Contestualmente il pubblico si è accorto che avere un catalogo infinito a disposizione per sempre crea più confusione che altro e probabilmente ha trovato “conforto” nella programmazione dei cinema. Una scelta limitata sia nella quantità di titoli a disposizione che nel tempo in cui questi titoli rimangono a disposizione, con la garanzia che alcuni cinema offrono nella selezione dei film. Alle ore perse per scegliere una serie che nella maggior parte dei casi si rivela una perdita di tempo che richiede spesso anche due o tre puntate prima di abbandonare, inizia a preferire addirittura uscire di casa per andare a vedere quel film che ha scelto fra pochi altri e che sa non rimarrà lì ad aspettarlo per molto tempo. Un evento da condividere con altre persone sia fisicamente che nei commenti social, che riporta a un’esperienza di comunità, rispetto al guardare una serie o un film che nessuno magari in quei giorni sta guardando e ritrovarsi con un’esperienza spesso vuota, sia nei contenuti offerti, sia dal punto di vista della socialità.
Il cinema si è adattato a questa richiesta e ha fornito storie sempre più interessanti, accurate, fatte di piccoli dettagli sorprendenti, di temi profondi ma non elitari. Film che chiedono un discreto impegno e un’attenzione alta ma non impossibili da affrontare. Una sorta di nuovo cinema d’autore che ha trovato la chiave per arrivare a più persone senza compromettersi.
A gennaio 2024 arriva la consacrazione definitiva di questo modo di fare cinema o meglio la rinascita di un cinema mai morto, ma spesso dimenticato dalle case di produzione e dal pubblico, impigrito dalla retorica hollywoodiana che per anni ha spinto un certo tipo di cinema fatto di grandi budget e grandi star. In questa chiave è arrivata una programmazione forse mai vista prima di film che hanno riscosso un successo inaspettato, sfidando grandissime produzioni e film per famiglie.
Personalmente mi sono accorto di questa tendenza quando a inizio gennaio, andando a vedere l’ultimo film di Miyazaki, Il Ragazzo e L'Airone, mi sono reso conto che tutti nella mia bolla social parlavano del nuovo film di Miyazaki, ma proprio tutti. Poi è arrivato Wim Wenders con Perfect Days e si è ripetuta la stessa dinamica, ma questa volta la bolla social ha sconfinato nel mondo reale e se ne parlava anche in ambienti che frequento, fra colleghi e amici (cosa mai vista per film di questo genere).
Credo che proprio il film di Wim Wenders sia il manifesto di questa rinascita, un film che ha portato il tutto esaurito nelle sale con silenzi ostentati, piccoli gesti e una delicata lentezza, fino ad arrivare a dominare il botteghino (!!) in Italia, scalzando proprio Miyazaki che lo era fino a un paio di settimane prima con il suo film più complesso e metafisico, incassando nel mondo più di 13 milioni di dollari.
Nel 2023 a lanciare la volata è stato forse Anatomia Di Una Caduta di Justin Triet (Palma D’Oro a Cannes), poi sempre a gennaio è arrivato Come Foglie al Vento di Kaurismäki, Povere Creature di Lanthimos, a metà febbraio arriverà Past Lives di Celine Song, che certamente proseguirà una serie positiva che credo abbia pochi precedenti.
Le persone che anni fa si sono spostate per prime sulle piattaforme streaming (Netflix in particolare) alla ricerca di una qualità che la TV non forniva più e il cinema relegava ai margini, oggi stanno tornando, o sono già tornate al cinema per lo stesso motivo.
C’è infine un aspetto prettamente tecnico dietro a questo ribaltamento di fronte, ovvero la debolezza dell’algoritmo delle piattaforme streaming contrapposta all’efficacia delle sponsorizzazioni social/internet delle case di produzione in compartecipazione con le care e vecchie sponsorizzazioni analogiche su manifesti e giornali (queste ultime tornate di moda anche nel mondo della musica).
Mentre l’algoritmo non fa altro che proporre esclusivamente contenuti simili a quello che abbiamo già visto, generando una serie di proposte fotocopia a volte anche piuttosto grottesche, le sponsorizzazioni di determinate case cinematografiche o distribuzione riescono a targettizzare gli appassionati usando come filo conduttore la qualità delle loro produzioni racchiuse in un certo tipo di cinema che però non rimane settorializzato in un unico genere o in un unico standard di produzione. Associata poi alle immagini delle locandine viste nel mondo reale, si crea un'affiliazione e una memoria visiva che riesce a far nascere la voglia di partecipare a questo rito della sala cinematografica.
Ricollegandomi al mondo musicale citato poco sopra poi, c'è da dire che le analogie sono molte con le dinamiche di questi ultimi anni e probabilmente è in atto una maintremizzazione del cinema “indie” come quella che ha attraversato la musica negli scorsi anni, guardacaso anche qui durante il picco di espansione delle piattaforme streaming.
Un merito vero in questa rinascita però c'è l'hanno anche le piattaforme, ovvero quello di aver abituato il pubblico a stili e culture cinematografiche differenti, a produzioni provenienti da ogni parte del mondo, scardinando la centralità e il monopolio di Hollywood, che negli anni precedenti aveva allontanato le persone dal grande schermo.
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