13 marzo 2013





Da quasi dieci anni a Milano esiste uno spazio unico nel suo genere interamente dedicato all'arte contemporanea.
La città industriale della Ansaldo Breda si è fatta da parte da decenni ormai, lasciandoci in eredità i suoi capannoni che oggi sono quasi scomparsi. Nonostante la violenta riqualificazione che ha subito l'area della Bicocca però, gli edifici che ospitano la Fondazione Hangar Bicocca sono stati risparmiati per fare da ponte con il passato, e per regalarci (nel vero senso della parola) un futuro dedicato all'arte e alla cultura.

Visitare l'Hangar Bicocca è un'esperienza unica, se paragonata alle solite mostre e musei.

Entrando nel cortile si viene già in contatto con la fortissima vocazione artistica del luogo.
La scultura "La Sequenza" di Fausto Melotti è la porta ideale dalla quale bisogna passare: rappresenta alla perfezione il passaggio dal passato industriale al presente e futuro artistico.
La scultura è formata da gigantesche lastre in ferro alte 7 metri poste su tre piani sfalsati che formano una successione di vuoti e pieni. Guardandola si ha l'impressione di trovarsi di fronte a un monolite uscito da ambientazioni alla 2001 Odissea nello Spazio. Inoltre il giardino che la circonda, con la sua vegetazione particolare, rende il tutto ancora più scenografico.



Superato il cortile si entra nella "hall" dell'Hangar, al  primo impatto sembra un normalissimo spazio espositivo, molto luminoso, con annesso bistrot e area bimbi. Ma in realtà quello che ci aspetta al di là del "sipario" nero che delimita lo spazio espositivo è ben diverso.

Una volta superato il "sipario" si entra nel primo ambiente denominato "Shed", un classico capannone industriale a tetti spioventi, un ambiente molto grande che da un impatto forte. 
Si passa da un ambiente molto luminoso con soffitto basso, molto moderno a  uno buio, silenzioso alto e ampio e dal sapore "antico".Quando si scosta la tenda e non si vede quasi nulla al di là, se non questo spazio enorme (e le istallazioni se ci sono) si ha sempre un attimo di esitazione. 

Sembra di entrare in un'altra dimensione, c'è poca luce e un silenzio ovattato che sembra impossibile in un ambiente così grande. Il leggero sibilo dell'impianto di areazione/riscaldamento rende ancora più misteriosa l'ambientazione.
La dimensione del luogo, la penombra, il silenzio, la sensazione di spazio libero intorno, hanno quasi un potere rilassante. Il cervello è come se si adattasse a quel grande spazio e i pensieri, abituati a muoversi velocemente in poco spazio, iniziano a galleggiare fluidi, lenti, calmi. Sì è naturalmente portati a parlare sottovoce anche se non ce n'è effettivamente bisogno.
Inoltre anche nei giorni di maggiore affluenza si ha sempre la sensazione di essere "soli".
Per assurdo la grandezza del luogo lo rende molto intimo.

Giunti alla fine dello "Shed" si entra in un ambiente ancora più suggestivo: Le Navate.
Qui lo spazio è incredibile, alto trenta metri per 9500 mq, Nonostante lo Shed sia già uno spazio che mette soggezione, le Navate sono un luogo che da la sensazione di essere veramente piccoli e le sensazioni che si provano entrando nello Shed qui vengono amplificate.

A contribuire alla soggezione che mette questo luogo, ci sono i Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer.
I Sette Palazzi Celesti sono un'istallazione permanente che lascia letteralmente senza fiato, sembra di essere di fronte ai resti di una civiltà lontana e oscura... salvo poi scoprire che la civiltà lontana e oscura è la nostra.



L'istallazione ha significati molto precisi, che vale la pena scoprire mentre si è al cospetto di questa opera incredibile, leggendo i libretti esplicativi che si trovano nelle vicinanze.
Si sviluppa quasi per tutta la lunghezza della struttura, le torri sono alte fino a 18 metri e occupano un'intera navata (l'unica illuminata).
Bisognerebbe andare all'Hangar una volta al mese a prescindere dall'esposizione che ospita solo per ammirare questo spettacolo avvolto dal silenzio.

Infine "il Cubo", altro edificio dall'altezza imponente, teatro delle istallazioni più importanti e particolari.

Uno spazio del genere potrebbe essere sfruttato in modo massivo, per fare numeri e profitto. Invece per una volta la logica del profitto e dello sfruttamento viene lasciata da parte.
Per una volta la qualità viene preferita alla quantità.

Questo spazio enorme viene sfruttato in un modo unico ed intelligente. Rispettando la natura stessa della parola "spazio" (non a caso più volte ripetuta in questo articolo).

Tranne alcune eccezioni, di solito si svolge una singola "esposizione" o al massimo due contemporaneamente in luoghi diversi dell'Hangar o addirittura una singola istallazione di un singolo artista. Pochi "pezzi" (anche uno solo) per ogni artista, istallazioni di grandi dimensioni "site specific" che occupano interi ambienti, allestimenti e interventi studiati per rispettare una logica di fondo molto forte e una personalità del luogo ben delineata, rispettata ed esaltata dai curatori.
Uno spazio che dia spazio. Agli artisti, alle persone, alle idee, ai visitatori. 

Ma soprattutto a ingresso gratuito e con orari intelligenti che permettono anche di passare una serata all'Hangar, dopo cena (magari dopo aver cenato nel bistrot dell'Hangar) fino alle 23.00, dal giovedì al sabato.

In questi mesi l'Hangar è stato molto chiacchierato per l'istallazione di Thomas Saraceno "One Space Time Foam (come vedete la parola "spazio" torna ancora), ma in passato è stato teatro di molte altre istallazione di caratura internazionale, come "Personnes" di Christian Boltanski:



o "From here to ear" di Céleste Boursier-Mougenot.



Ogni istallazione comunque, anche se non ha il richiamo che ha avuto la "bolla" di Saraceno, vale la pena di essere vista. Innanzi tutto perché, come ho detto prima, è gratis e non capita tutti i giorni di avere la possibilità di poter vedere istallazioni e opere di questo tipo senza pagare.
Inoltre la natura del luogo che le ospita, la possibilità di andarci anche di sera, il fatto che, date le dimensioni, non sia mai affollato, le descrizioni e spiegazioni sempre disponibili e chiare; danno la possibilità di apprezzare e capire opere che normalmente una classica mostra con molti pezzi esposti e con spazi ridotti, non ci permette di apprezzare.

Oltre alle istallazioni e alle opere poi, c'è anche il cinema. Ogni artista che viene ospitato sceglie alcuni film che poi vengono proiettati al'interno della "Rassegna d'Autore" ogni giovedì sera. Ci sono conferenze, incontri con gli artisti, concerti (ieri Bollani, qualche settimana fa Carsten Nicolai/Alva Noto). Ogni forma d'arte e di cultura trova spazio all'interno dell'Hangar.

Penso che Milano debba andare molto fiera di questo luogo. Un luogo che non credo abbia eguali in Europa, dove per una volta la qualità e la cura e la passione per l'arte, vincono sulla quantità e sul profitto a tutti i costi. Un luogo che va conservato, visitato, apprezzato,  pubblicizzato, raccontato. Un luogo che a mio parere deve essere uno dei manifesti di Milano all'estero.
Un luogo che può essere considerato  la nuova Cattedrale (dell'arte) di Milano.


E' stata inaugurata da poco "Primitive" di Apichatpong Weerasethakul artista e regista fra gli altri di "lo Zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti", per l'occasione il 22 marzo ci sarà una maratona notturna con tutti i suoi film.







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