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22 marzo 2022

Cosa c'è di più naturale di un nonno che vuole fotografare il nipote? Nulla forse, ma la scena a cui ho assistito qualche settimana fa in un negozio di ottica mi ha colpito e un po' emozionato. Ecco perché ho deciso di scriverne, approfittando per parlare di una passione che mi porto dietro da più di dieci anni.



Sono ormai passati circa trent'anni dal successo su larga scala delle fotocamere digitali e ne sono passati altrettanti dalla riscoperta delle fotocamere analogiche russe Lomo e la conseguente nascita della Lomografia, ovvero quella filosofia per cui non c'è molto da pensare per fare una fotografia, scatta e basta. Una filosofia che nasceva come rifiuto sia del crescente successo del digitale, sia di una tendenza a "professionalizzare" sempre di più l'hobby fotografico. Nel frattempo la fotografia analogica è stata data per morta innumerevoli volte (così come le macchine digitali, che anche loro hanno dovuto cedere al progresso degli smartphone poco dopo), ma dopo 30 anni vive e lotta in mezzo a noi, in forme che non si potevano neanche immaginare, soprattutto per chi non frequenta dall'interno questo mondo.

In questi anni sono stati tantissimi i prodotti che si sono affacciati sul mercato, la più attiva è stata senza alcun dubbio Lomography, ma anche altri marchi, alcuni nuovi, alcuni rilevati e rinnovati, altri sempre fedeli alla loro storia, hanno proseguito o rinnovato la produzione. Come è naturale che sia però hanno avuto molto più risalto gli annunci degli abbandoni di alcuni nomi storici, invece delle nuove piccole o grandi produzioni. 

Uno dei più grandi successi sicuramente è stato il ritorno negli ultimi anni delle istantanee, con la rinascita del marchio Polaroid, Fuji Instax, e la stessa Lomography con la Instant (oltre ad alcune ibride digitali/istantanee come la Kodak Printomatic o la Canon Zoemini). 

Ma la parte più importante, senza la quale la fotografia analogica non sarebbe arrivata viva al 2022, sono naturalmente le pellicole, un comparto meno conosciuto delle istantanee, ma che ha contribuito sensibilmente a mantenere alto l'interesse, perché senza produzione di pellicole la fotografia analogica sarebbe inevitabilmente morta. Ci sono infatti molti marchi che nell'arco di trent'anni si sono affacciati sul mercato, alcuni con enorme successo come le Cinestill, che hanno presentato proprio in questi giorni le nuove 400Dynamic, altre come l'italiana Ferrania (altro marchio storico riportato a nuova vita) con grande successo di pubblico ma grandi difficoltà di produzione, la tedesca Kono, le Bergger Pancro, Silbersalz, il marchio Rollei rinato come produttore di pellicole sempre da una costola di Agfa. Questo solo per citare alcuni dei marchi più conosciuti oltre alle numerose pellicole della già citata Lomography e la sempre attiva Kodak che in questi giorni ha presentato la nuova Kodak Gold 200 in medio formato.

L'aspetto forse più inaspettato in tutto ciò è il recentissimo ritorno delle fotocamere compatte e di quelle usa e getta, ad opera di AgfaPhotoKodak, ma anche di IlFord con la Sprite 35 e la Rapid Retro.

Per quel che riguarda la mia esperienza personale, l'avventura è iniziata ormai dieci anni fa, comprando una Voigtlander Vito (una compatta tedesca di fine anni '50) per 30 euro a un mercatino fotografico.  Una volta presa la mano con quella, scoprii il magico mondo dei rullini 120 e le fotocamere a pozzetto, con una Lomo Lubitel 2 e il terzo step poi fu riportare in vita la reflex di mio padre (una Pentax ME). Il vizio ricominciò dopo qualche anno a un mercatino di Brema in Germania, con un'altra Voigtlander, una Bessa a soffietto, poi una Rollei 35 e l'ultimo acquisto qualche anno fa al mercato di Izmalovo di Mosca: una meravigliosa (per me) Kiev III, una macchina con una storia incredibile che vale la pena riassumere brevemente, perché in qualche modo legata alle cronache di guerra di questi giorni.

Le Kiev infatti nascono come copie delle Contax (marchio storico tedesco), ma non per una violazione di brevetto come si potrebbe pensare. Dopo la seconda guerra mondiale infatti, le catene di montaggio della Contax di Dresda, uscite miracolosamente indenni dai bombardamenti, vennero trasportate a Kiev dai soldati russi, come risarcimento per i danni di guerra e da lì nacque questa nuova produzione che prese il nome della città.

Non ho fatto questo elenco per vantarmi della mia collezione (c'è poco da vantarmi perché non ho nessuna fotocamera rara o di valore), ma per raccontare il modo in cui può crescere questa passione negli anni e far capire quello che è stata per una nicchia molto grande di persone, mentre il resto del mondo era immerso nei pixel della fotografia digitale. Tant'è che oggi trovare una vecchia macchina di livello accettabile, perfettamente funzionante a 30 euro come ho fatto dieci anni fa non è semplice, se non tentando la fortuna con vendite che non garantiscono la funzionalità.


Quello che sta succedendo nell'ultimo periodo però ha poco a che fare con le macchine fotografiche vintage acquistate su internet o nei mercatini. Perché la passione per la fotografia analogica riportata in vita principalmente dalla mia generazione (sono nato nel 1980) sta vivendo un nuovo inaspettato capitolo. Questo accade perché data l'età, molti sono ormai genitori e quando c'è un bambino in famiglia la necessità di fotografare aumenta esponenzialmente. Ma se per fare le foto di tutti i giorni ormai lo smartphone è insostituibile per noi, per i nonni più in là con l'età invece la faccenda è diversa.

Qualche mese fa il gestore di Foto Ottica Distribuzione, in Via Padova a Milano, mi raccontava che sempre di più spesso entrano signori anziani per comprare macchinette usa e getta o per chiedere rullini da caricare nelle loro vecchie compatte resuscitate da cassetti mai più aperti o dalle cantine.
Essendo stato il revival della fotografia analogica una questione più che altro da hipster, facevo fatica a immaginarmi il nonno con il risvoltino ai pantaloni, la camicia a quadri e la fixed bike che arrivava in negozio per comprare i rullini.
Vedendo la mia espressione abbastanza incredula, mi ha spiegato che lo fanno più che altro per fotografare i nipoti, perché sono stufi della poca praticità degli smartphone, oltre al fatto di non avere mai delle foto fisiche in mano e di dover rincorrere i figli per farsele stampare. Non nascondo che pur convinto dalla spiegazione sono rimasto abbastanza scettico, pensando che si trattasse di qualche episodio isolato. 

Fin quando qualche settimana fa entro per ritirare i miei rullini e mi trovo davanti al bancone un signore anziano fierissimo di aver ritrovato la sua vecchia macchina fotografica da mostrare al gestore del negozio. Dopo essersi assicurato che la macchina fosse in buone condizioni si è fatto dare un rullino e facendosi aiutare per inserirlo, ha detto: "Così finalmente posso fissare le varie fasi della crescita!". Mimando con la mano parallela al pavimento le varie altezze. Non ci potevo credere: una scena di una tenerezza incredibile che mi ha lasciato il sorriso per diverse ore.

In fondo è naturale, nelle famiglie degli ormai molti appassionati è diventato normale vedere maneggiare fotocamere analogiche, e quello che era considerata una roba da vecchi, oggi invece viene visto come una cosa da giovani (giovani una volta, per quel che mi riguarda). Questo, unito alla spesso mal sopportata dipendenza dalla tecnologia, che in molti casi fa sentire le persone più in là con gli anni inadeguate, le spinge a ritornare a qualcosa che conoscono molto bene, come la cara vecchia macchina fotografica a rullino, senza più dipendere da nessuno. Il resto lo fa il passaparola, che quando ci sono di mezzo nonni e nipoti può essere un'arma potentissima.

Ridurre la diffusione della fotografia analogica ai quarantenni e ai loro genitori però sarebbe sbagliato, perché la sua forza è la capacità di passare da una fascia d'età all'altra in un continuo scambio intergenerazionale. Una passione e un hobby che continua a rimbalzare di persona in persona senza mai fermarsi, fratelli minori che hanno seguito la passione dei maggiori, influencer e fotografi famosi che periodicamente la rilanciano, ragazzi che si fanno incuriosire dagli amici più creativi, nonni, e fra qualche anno anche i nipoti certamente si avvicineranno. Perché anche fra i ventenni ormai non è così inusuale veder maneggiare fotocamere analogiche, spesso anche compatte o usa e getta. 

In fondo il segreto dell'incredibile longevità della fotografia analogica è sempre stato la semplicità (per chi non ne fa un uso professionale o simil-professionale): un semplice bottone da schiacciare e una levetta per ricaricare (o una rotella): un punto e una virgola, vi viene in mente qualcosa di più immediato?



Foto 1: alcune delle mie macchine fotografiche messe in posa al solo scopo di avere una foto decente da mettere qui.

Foto 2: una mia foto scattata con Lubitel 2 e pellicola IlFord Fp4.






29 giugno 2011


Nel fine settimana, dando un'occhiata a quello che è in questo momento il miglior canale di tutto il digitale terrestre, ovvero Rai 5, all'interno di "Cool Tour", prima Jeff Bezos (fondatore di Amazon) ha dato per scomparsi i vinili, relegandoli a materiale solo per collezionisti. Poi il conduttore Carlo Massarini, in un bellissimo servizio-intervista a Vito Liverani, il più grande fotografo sportivo italiano e non solo, dava per totalmente scomparsa la fotografia su pellicola. Direi che in tutti e due i casi si sbagliano di grosso. Partiamo dal secondo.

Per molti,  la parola "rullino" sembrerà catapultata fuori dai racconti "di una volta" dei genitori o dei nonni. In realtà per me il rullino, la pellicola, da qualche tempo è l'unico ( se non consideriamo rarissimi scatti di emergenza con il cellulare) supporto che uso per fissare le immagini.

Sono stato prima un piccolo fotografo analogico, con le classiche macchine automatiche compatte degli anni '80-90. Poi dopo una lunga pausa, ho comprato una macchina digitale, compatta anche questa. Mi sono divertito molto all'inizio, cercando di usarla al massimo delle sue potenzialità, e ci ho tirato fuori delle foto di tutto rispetto, niente di clamoroso, ma mi sono tolto delle soddisfazioni. Poi è venuta la moda delle famigerate reflex digitali.

Sono sempre stato convinto che un fotografo, se è veramente bravo, riesce a tirar fuori una bella fotografia sia con un'usa e getta che con una reflex da cinquantamila euro. Per questo prima di passare a un missile terra-aria, ho sempre creduto fosse importante fare esperienza con mezzi più limitati, per misurare le reali capacità del fotografo.

Ora invece, prima ti compri una reflex e poi diventi automaticamente fotografo.

Perché diciamo la verità, le possibilità che ti da una reflex digitale, soprattutto se usata in automatico o in preset (come fa la maggior parte dei "fotografi"), sono talmente tante che chiunque riuscirebbe a tirar fuori qualcosa di decente. Perché si hanno così tanti scatti a disposizione e così tante possibilità di ritocco e correzione, in pre e post produzione che lo scatto in sé perde importanza.

Certo, poi c'è la sensibilità artistica del fotografo che fa la differenza, ed è l'unica cosa conta veramente secondo me. 

Ma chi non ce l'ha, può benissimo bilanciare le sue carenze con tutti i mezzi che la tecnologia mette a disposizione. 

Io sono un grafico, e proprio per questo non ho mai ritoccato una mia foto, neanche il contrasto o la luminosità, nulla. So di essere integralista, ma con le capacità e l'esperienza che ho accumulato nell'uso dei programmi, da una mia foto potrei tirarci fuori qualsiasi cosa. Per questo quando scatto, non mi interessa vedere le mie capacità di grafico, ma di fotografo.

A me interessa il piacere di guardare una mia foto e sapere che è stata fatta solamente con la capacità di mettere insieme i fondamentali della fotografia con la mia sensibilità artistica.

Ho anche provato alcune volte a usare una reflex, ma tutte queste possibilità di intervento anche non usandole, ma sapendo che ci sono, mi tolgono il gusto del fotografare.

Aggiungiamo anche il fatto che non ho tempo né voglia di mettermi a ritoccare 100-200-3000 fotografie ogni volta.

Anche in analogico si possono modificare le foto: con i filtri, con il tipo di pellicola, con le tecniche di stampa e di sviluppo. Ma le possibilità sono decisamente minori e bisogna avere conoscenza dei metodi, esperienza, manualità e bisogna essere bravi a capire come si può intervenire per avere un risultato migliore, non si hanno molti tentativi a disposizione. Oppure facendo delle scansioni successivamente, si può fare di tutto, ma questo esula dal processo analogico.



Un giorno, poco più di un anno fa, leggo di una mostra mercato di fotografia/collezionismo in un paese vicino al mio e decido di andare a dare un'occhiata per vedere cosa c'è. Com'era intuibile il mercato era occupato per lo più da anziani appassionati che offrivano le loro collezioni di vecchie macchine fotografiche. Facendomi consigliare da uno di loro, per la modica cifra di 30 euro, compro una Voigtlander VITO B.



Niente esposimetro, niente telemetro, TOTALMENTE manuale.

Da qui inizia la mia avventura come fotografo analogico.

Devo dire che fin dal primo momento le sensazioni che ho provato scattando con questa macchina sono state molto più appaganti che scattare con una digitale.  Il corpo di metallo, la meccanica, il rumore dell'otturatore, la carica della pellicola, I particolari curati, il peso, l'aspetto di questa macchina danno proprio l'idea di un qualcosa realizzato con una cura riservata solo agli oggetti creati per durare nel tempo.

La manualità che necessita questo oggetto per essere messo in funzione è molto affascinante, bisogna impostare la distanza, cercando di calcolarla a occhio, l'apertura, i tempi, per ogni impostazione bisogna riflettere, fare piccoli calcoli, concentrarsi su quello che dobbiamo fotografare. E' un modo di fare foto che ti assorbe totalmente, perchè sai di non avere molti tentativi a disposizione, a meno di non voler buttare via un rullino e quindi soldi per fare delle prove, e sai di non poter vedere subito il risultato di quello che hai fatto per correggerlo in corsa.

Proprio sabato sono andato a ritirare un rullino che è rimasto caricato per molto tempo e che ho usato in diverse occasioni. L'aspettativa, l'emozione di ritirare le tue stampe per ritrovare le foto che avevi fatto settimane o mesi fa è inspiegabile per chi è abituato con una digitale. Ricordarti i momenti in cui le hai scattate, il modo in cui avevi impostato la macchina e vedere il risultato a distanza di tempo, pensare alle correzioni che avresti potuto fare. A volte da dispiacere perché magari una foto su cui ti eri impegnato particolarmente non è venuta come volevi.  Altre volte invece, quando tutto é venuto come pensavi, o quando hai fatto una foto non essendo sicuro del risultato che invece risulta quasi perfetto, da una soddisfazione infinita. La cosa bella e utile è che comunque con ogni foto realizzata impari qualcosa di nuovo, perché non puoi cestinarla subito e rifarla, rimane lì a mostrarti cosa hai sbagliato ed è uno stimolo grandissimo a fare meglio la volta successiva per non buttare via pellicola, impari ad essere più preciso, ad avere più attenzione. Una fotografia su pellicola stampata, a mio parere, ti insegna molte più cose che mille tentativi fatti con una digitale.

Per questi motivi poi ho aggiunto alla collezione la vecchia reflex Pentax  di mio padre, completa di ogni accessorio, che uso per situazioni particolari, in cui si necessita un grandangolare o uno zoom; ultimamente poi mi sono lasciato affascinare dalle biottiche e ho acquistato alla modica cifra di 40 euro una Lubitel 2.



Cercando informazioni poi ho scoperto che non sono l'unico a pensarla così a proposito di analogico. C'è una nutrita schiera di fotografi che amano e usano le vecchie macchine, si trovano un sacco di forum, su flickr e su altri siti a riguardo. Inoltre c'è una vera e propria comunità internet di appassionati e utilizzatori di macchine Lomo, all'interno della quale ci si scambiano idee, metodi, trucchi, consigli   (grazie soprattutto a scelte di marketing molto azzeccate e un'ottima strategia di comunicazione). E' un mondo in continua evoluzione e  in cui vengono presentate con cadenza periodica nuove macchine con soluzioni fantasiose e divertenti per chi ama sperimentare nuovi modi di fotografare. Queste sono macchine fatte totalmente di plastica, con componenti tecnici di mediocre qualità. Paradossalmente questa qualità non eccelsa è la loro forza perché regalano effetti particolari che con altre macchine è impossibile avere. A fronte di questo standard però i prezzi sono decisamente troppo alti, giustificati solo dal fatto che avere una Lomo fa figo.

Io preferisco decisamente il recupero di vecchie macchine, infatti la  Lomo che ho comprato appartiene alla prima generazione (ed è una delle biottiche che costano meno), non a questo nuovo trend.

Con tutto questo non sto dicendo che l'analogico sia meglio, perché sarei oltremodo anacronistico, nostalgico e refrattario alle nuove tecnologie (sono tutto l'opposto in realtà). Il digitale ha mille vantaggi rispetto all'analogico che non sono stato ad elencare perché sono sotto gli occhi di tutti.

E' più un confronto fra la ricerca sfrenata della perfezione e il fascino delle imperfezioni che solo una cosa vera può avere. La pellicola, per un certo modo di fare foto, per chi ricerca il lato artigiano dell'arte, per chi vuole imparare veramente cos'è la fotografia, per chi ha ancora il sapore, la pazienza e il piacere dell'attesa, della lentezza, è ancora un validissimo supporto su cui fotografare. Inoltre non è così difficile iniziare, basta cercare su ebay o a un mercatino una macchietta a poco, prendere un rullino, si trovano ancora nei supermercati, dai fotografi, e se ne trovano molti dove andare a svilupparlo.

Per tutti gli altri ci sono le reflex digitali.