Anzi peggio, un Sanremo senza neanche una vera bella canzone che svettasse sulle altre, senza una "Bellezza" di Renga, o un "Chiamami Ancora Amore" di Vecchioni. Un Sanremo piuttosto piatto se non fosse per l'episodio di Crozza, attaccato palesemente da un claque organizzata, con tanto di intervista al contestatore guardacaso in forze al Pdl, rilanciata su quasi tutte le testate giornalistiche. Ma forse dopo la sparata di Kazzenger Giacobbo non c'era neanche bisogno di andare a Sanremo.
Anche la Littizzetto da un grosso contributo a rendere un po' più vivo questo Festival, nonostante le critiche è l'unica "comica" che è riuscita a mantenere la sua naturalezza su quel palco e non si è fatta intimidire dall'istituzionalità del ruolo e dalla responsabilità di unica donna del Festival, riuscendo anche a fare interventi seri e intelligenti con una semplicità disarmante. Provate a fare un confronto con l'imbarazzante mediocrità di Papaleo o gli impacciati Luca e Paolo o le varie "farfalline" che si sono avvicendate a fianco dei presentatori... non c'è confronto.
Ma dicevamo, se non ci fosse stato Elio...
Nonostante la popolarità, nonostante la visibilità data con la vecchia partecipazione a Sanremo e quella a X Factor, il popolo italiano è molto diviso nel giudizio sul simpatico gruppettino, diviso non tanto fra chi li ama o li odia, ma fra chi li capisce e chi no. Perché la grande differenza, e in alcune cose la grande difficoltà, è capire veramente chi sono, e molto spesso, sia chi li ama che chi li odia in verità non ha capito bene "chi sono", soprattutto chi sono oggi.
Perché gli Elio e le Storie tese di oggi sono profondamente diversi da quelli di una volta.
Una volta potevano essere incasellati nella definizione semplicistica di rock demenziale, oggi invece sono a tutti gli effetti un gruppo di art-rock/pop nella inclinazione più ampia del termine. Non sono più gli esplosivi ragazzi di "Servi della Gleba", oggi sono sottilmente geniali, guardano le sfumature, non puntano più a stupire per forza, ma puntano al particolare sottile e di disturbo. Le testone di Sanremo sono una perfetta rappresentazione di quello che sono gli Elii oggi.
Purtroppo da molti sono considerati solo un gruppo di "cazzoni", quando invece i "cazzoni" sono fra i più grandi professionisti dello spettacolo che abbiamo mai avuto in Italia. E non è solo il classico "Sì, ma come suonano bene però", sono artisti illuminati ,curiosi, sempre pronti ad affrontare una nuova scommessa, a mettersi in gioco, a sperimentare.
Dietro quei "cazzoni" per esempio si cela un grande autore comico e televisivo (Rocco Tanica), dei grandi musicisti fusion e jazz e di qualsiasi altro genere suonabile (Faso, Meyer, Cesareo), un attore di teatro e cantante lirico (Elio), dei maestri (diplomati in conservatorio) nei rispettivi strumenti, impegnati in mille progetti alternativi: prendetevi del tempo per leggere tutto quello che hanno fatto nella loro carriera (mi piacerebbe sapere cosa direbbe Sea Wolf sulle loro pagine Wikipedia...).
Ma puntiamo la lente su questo Sanremo.
La Canzone Mononota ha spaccato in due il pubblico, chi li ha già eletti vincitori morali e chi li ha disprezzati per una canzone apparentemente inutile e banale. Ma anche qui, non so bene fino a che punto sia stata capita da tutte e due le parti.
Sanremo è il Santuario Mondiale della Melodia, è il luogo in cui la ricerca della melodia perfetta è allo spasmo, dove la musica orecchiabile (parola che dovrebbe essere vietata per legge, il "Tutti insieme, è orecchiabile" detto da Elio su Dannati Forever è stato un momento epocale del Festival) trova la sua ragione di esistere, dove i virtuosismi vocali sono l'unica ragione di esistere, dove la ricerca del ritornello canticchiabile è dogma, dove da 60 anni la grande tradizione italiana del Bel Canto regna sovrana. In quel contesto riuscire ad entrare portando una canzone cantata con una nota sola, senza alcuna traccia di melodia, è come entrare in San Pietro nudi con una croce come perizoma, è come telefonare a Bill Gates con un IPhone, come fare la sagra della porchetta in una moschea, come andare a visitare la casa Bianca travestiti da Ahmadinejad.
E' andare a Sanremo negando l'essenza stessa di Sanremo, è blasfemia pura.
Molti hanno detto: "Eh, ma che ci vuole a fare una canzone con una nota sola?".
Visto che ormai siamo tutti esperti di cucina, immaginate una prova di Masterchef: "Dovetti preparari il pranzo di Natale: lasagne, pesci, arosto, un pranzo complettto e elaboratto. Avettte a disposizioni ogni strumento e utensile immaginable, però... dovete prepparre tutto utilissando solo un appribottillie e una cafetierra."
Difficile? Ecco questo è quello che sono riusciti a fare Elio e le Storie tese con la Canzone Mononota.
Perché in fondo è vero, tutti sarebbero capaci di fare una canzone così, ma quanti sarebbero capaci di fare una canzone sensata, completa, varia, strutturata, con tutte le variazioni e sfumature che hanno utilizzato loro?
Dimenticatevi per un attimo della voce di Elio, ascoltate la musica, sentite quanti generi vengono toccati in una canzone sola, ascoltate la trama ritmica quanto è elaborata, quante variazioni. Sembra banale ma ogni battuta c'è una variazione, uno stop, un rilancio. Ad un ascolto distratto sembra tutta in 4/4, ma ascoltando bene di battute in 4/4 puro ce ne sono poche. E' piena di tempi dispari, anticipi, ritardi, tutto senza però spezzare l'andamento della canzone. E' un'opera fusion travestita da canzonetta, con all'interno anche citazioni, omaggi ad altri artisti e canzoni. Ascoltate gli arrangiamenti dell'orchestra come sono ricchi, in particolar modo prestate attenzione all'arrangiamento superbo che ha quando rimane da sola, roba da opera classica. Nessuno ha saputo sfruttarla al massimo come loro. Ascoltate quanti accordi, quante note ci sono dietro alla "mononota", ascoltate quando fanno la parte di samba (!!!).
Siete ancora convinti che chiunque sarebbe riuscito a fare una cosa del genere?
Oltre a questo, non è poi così semplice rimanere intonati sempre sulla stessa nota, con tutte quelle variazioni alle spalle, variando l'iterpretazione, il volume e l'intensità.
E alla fine il testo: riuscire a fare una canzone con una nota sola che parla solo della canzone stessa, vuol dire aggiungere difficoltà su difficoltà. Anche qui non è fatto in modo banale, analizza tutti gli aspetti della canzone, in modo sensato, spiegando la canzone stessa, dando anche dei piccoli aneddoti di storia della musica. E alla fine la parte più geniale di tutto il pezzo:
"Democratica, osteggiata dalle dittature, fateci caso: l'inno cubano è pieno di note".
Questo Sanremo, per quanto mi riguarda, è la consacrazione definitiva degli Elio e le Storie Tese come ARTISTI totali, veri e unici.
scusa ma forse dimentichiamo l'esibizione a san remo 90 di francesco salvi con A questa è stata la prima vera canzone con una nota sola .....alle volte i geni veri vengono dimenticati...fanno forse male'
RispondiEliminaVerificherò quello che mi dici, me la ricordo vagamente... Ma credo che sia più riconducibile a una vaga idea di rap, più che mononota. E comunque Salvi non ha portato a Sanremo Rocco Siffredi...
RispondiEliminaHo sentito adesso. In realtà lui non canta con una nota sola, o almeno non ci riesce, e poi mi pare che sia ben diversa la situazione e la qualità del pezzo. Massimo rispetto per Salvi, sottovalutatissimo, ma quello che ha fatto Elio é ben diverso.
RispondiEliminaVeryy creative post
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