Intervista via mail.
Ho inviato ad Alex Brown Church qualche domanda per capire qualcosa di più sul suo disco e conoscerlo meglio, quello che vedete qui sotto è il risultato: il ragazzo non è uno che risparmia le parole e ci tiene molto dare una chiara immagine di sé e della sua musica.
Ho inviato ad Alex Brown Church qualche domanda per capire qualcosa di più sul suo disco e conoscerlo meglio, quello che vedete qui sotto è il risultato: il ragazzo non è uno che risparmia le parole e ci tiene molto dare una chiara immagine di sé e della sua musica.
Ciao Alex, partiamo
dal tuo nuovo album, pubblicato in Italia un po’ in ritardo rispetto all’uscita
ufficiale. Sarò onesto, ti ho scoperto con questo disco e mi è piaciuto molto,
ma ascoltando i tuoi vecchi dischi mi sembra che “Old World Romance” sia un
pochino diverso, più vicino all’indie che al folk, cosa ne pensi?
Penso che le persone abbiamo differenti modi interpretare
il significato di “indie”, e vorrei dire che i vecchi dischi non siano meno
indie del nuovo. Ma capisco cosa intendi, perché il nuovo album ha sicuramente
sonorità meno folk del precedente, e quindi si può dire che sia un po’ meno
“indie-folk” e un po’ più “indie-rock”.
La tua
intenzione di partenza era di cambiare un po’ il tuo sound o è stata un
evoluzione che si è palesata man mano che scrivevi?
In realtà tutte e due le cose. Volevo che le nuove
canzoni suonassero meno folk perché volevo fare qualcosa di nuovo e più
contemporaneo, credo che partendo da questo presupposto sia stata poi una
naturale evoluzione. Non ho mai stabilito a priori che dovessi fare indie-folk
comunque, quel tipo di suono è venuto fuori in maniera naturale quando ho
registrato il primo disco, Leaves in the River.
Mi piaceva l’idea di fare canzoni tranquille, con un interessante tessuto sonoro e testi descrittivi, piuttosto che pezzi rock urlati. Penso che scrivere canzoni partendo da una chitarra acustica le spinga inevitabilmente in territori più folk, inoltre amando il suono del violoncello, del marxofono e dell’organo ho voluto inserirli spesso per dare colore alle canzoni.
Mi piaceva l’idea di fare canzoni tranquille, con un interessante tessuto sonoro e testi descrittivi, piuttosto che pezzi rock urlati. Penso che scrivere canzoni partendo da una chitarra acustica le spinga inevitabilmente in territori più folk, inoltre amando il suono del violoncello, del marxofono e dell’organo ho voluto inserirli spesso per dare colore alle canzoni.
Il nuovo disco è fatto sempre partendo da una chitarra
acustica, ma sentivo di aver fatto tutto quello che volevo con quei determinati
suoni e quindi volevo provare qualcosa d’altro, qualche suono nuovo. Ho usato
quello che mi piaceva sul momento, poi chissà in che direzione andrà Sea Wolf
in futuro.
Andiamo
Avanti a parlare del suono del tuo nuovo disco, Old World Romance sembra un
vero disco “home-made” (con un suono e una produzione professionali
naturalmente). Ascoltando le canzoni ho un’immagine di te, solo nella tua
stanza con i tuoi strumenti e le tue attrezzature per registrare mentre suoni e
registri tutto da solo. E’
vicina alla realtà quest’immagine?
Sì, è stato sicuramente così durante il processo di
scrittura. Ho scritto tutte le canzoni da solo, nel mio studio, solitamente con
la compagnia di una tazza di caffè. Una volta pronte le canzoni, le ho
registrate, ma solo le parti di cui avevo un’idea precisa di come dovessero
essere, per esempio voce e chitarre. Successivamente però ho voluto altre persone con me per aggiungere
basso, tastiere, batteria o qualsiasi altra cosa. Dopo questa fase tornavo nel mio studio a lavorarci per un po’
e quando arrivavo al punto in cui mi sembravano complete o quasi complete,
richiamavo ancora alcuni musicisti per finirle o per fare qualsiasi cosa ci
fosse bisogno.
Oggi
molti produttori tendono a fare produzioni ultrapulite, senza nessun tipo di
imperfezione e personalità, molto cristalline e con suoni molto pompati. In Old
World Romans invece credo che il mixaggio e la produzione artistica siano stati
molto attenti a non contaminare la delicatezza, l’intimità e l’idea di “fatto
in casa” che traspare fin dalla prima nota. Ho apprezzato molto quest’aspetto.
Ho deciso di produrre il disco da solo perché volevo ritornare
alle origini, a “Leaves in the River”, sia come metodo di scrittura che come
registrazione. Registrai quel disco principalmente da solo nell’arco di un anno
circa, con amici che sono venuti a suonare i loro strumenti qua e là, e poi lo
portai a Seattle per ultimarlo con il produttore Phil Ek. Il secondo disco
“White Water, White Bloom” l’ho realizzato con un band al completo chiusi in
studio per 5 settimane, in Omaha, con la co-produzione di Mike Mogis. Sono
felice del modo in cui è venuto “White Water”, ma nello stesso tempo ho sentito
la mancanza di tutto il tempo che ho avuto per stare da solo con le mie
canzoni, come è avvenuto per “Leaves”.
E visto che ho fatto questi dischi con dei produttori
leggendari, ho imparato da loro cosa significa produrre un disco.
Avevi
un’idea molto chiara di come avrebbe dovuto suonare il tuo disco e quindi hai
deciso di produrlo da te, senza che passasse nelle mani di qualcun altro? O è
stata più una sfida, o una tua evoluzione, o cosa?
Per quel che riguarda il sound, non avevo un’idea precisa
di come avrebbe dovuto suonare “Old World”. Non ho voluto sprecare tempo per
stabilire a priori che ogni elemento dovessero suonare in una certa
maniera. E’ la cosa di cui mi sono sempre
preoccupato di più in passato, ma alla fine il risultato non è mai stato quello
che avevo in mente all’inizio, e per questa volta ho deciso di affrontare la
cosa con più tranquillità.
La cosa più importante per me in questo disco è stata
catturare la sensazione del momento, la performance. Questo non vuol dire che
non abbia prestato attenzione alla qualità del suono, ma ho evitato di
stabilire il suono che volevo prima di sentire cosa sarebbe venuto fuori.
Com’è stato lavorare con Kennie
Takahashi (Broken Bells, The Black Keys, Jessica Lea Mayfield)?
E’ stato fantastico lavorare con lui. E’ tipo
tranquillo e molto sveglio. Penso che
abbia ripulito abbastanza le registrazioni che suonavano molto più sporche
prima, ma è stato molto attento a non ripulirle troppo. Il suono del disco deve
molto al suo mixaggio.
Mi pare che il suono sia vicino alle produzioni indie
dei primi anni 2000 ed è un gran bel suono. I pezzi più rock come “Changing
Seasons” “Miracle Cure” or “In Nothing” mi ricordano qualcosa dei Pinback, li
conosci? Hanno avuto qualche influenza su di te o è solo una coincidenza?
E’ interessante, non mi avevano mai accostato ai Pinback.
Non sono sicuramente un’influenza perché non ho molta familiarità con la loro
musica. E’ più una coincidenza, visto che ho cercato solo di avere qualcosa che suonasse bene alle mie
orecchie e questo poi è stato il risultato.
Per
te Sea Wolf è più un progetto solista, o un progetto aperto, o una band?
Per quanto riguarda la realizzazione dei dischi è più un
progetto solista, in cui ci sono le mie canzoni suonate alla mia maniera. La
mia musica si presta anche ad essere suonata con una band al completo però, dal
vivo diventa più una band che un progetto solista, con anche un grande impatto
sonoro e molta energia. Qualche volta faccio anche esibizioni più intime, o da
solo con la chitarra acustica, ma raramente.
Sei
sui palchi dalla seconda metà degli anni ’90, ma non si sa molto di te. La tua
pagina su wikipedia è molto breve per esempio. Ci tieni alla tua privacy?
Certo, ci tengo alla privacy, ma in fondo credo ce ne siano di informazioni su di me in giro. Anche se ho suonato in varie bands dal ’98, Sea Wolf è
attivo solo dal 2000, e probabilmente è per questo che si trovano solo
informazioni sul progetto Sea Wolf in giro.
Cerchiamo
di scoprire qualcosa su di te allora, ti consideri più un solitario o ti piace
stare in mezzo alla gente?
Mi piace la socialità, e ho bisogno di avere una cerchia
di amici molto stretti intorno a me. Ma
mi piace anche prendermi il mio tempo per stare da solo. Forse perché sono
cresciuto come figlio unico, senza televisione e molto tempo libero da passare
da solo a pensare a cosa fare e a fare qualsiasi cosa volevo. Direi che mi
piace vedere amici ogni giorno, ma allo stesso modo ho bisogno ogni giorno del
mio tempo con me stesso.
Vivi
ancora a Los Angeles?
Sono originario della Californi dal Nord, e mi sono
spostato a Los Angeles negli anni ‘90 e sono più o meno sempre stato qui. Ho
recentemente vissuto 3 anni a Montreal però, e sono tornato stabilmente a Los
Angeles nel 2010. “Old World Romance” ha molte canzoni che parlano delle
sensazioni al mio ritorno a casa dopo essere stato a Montreal.
E’
Curioso mettere a confront la tua musica così intimista con una città gigantesca
come Los Angeles. In passato L.A. era la città dei Guns n’ Roses, dei Motley
Crue, RATM, Metallica, Slayer, Tool, RHCP…
In
questo “casino” come è cresciuta la tua passione per la musica folk e indie?
In effetti, le cose però nel frattempo sono molto cambiate.
Se Los Angeles ha dato una determinata immagine di sé all’esterno è difficile
immaginare cosa possa essere, ed immagino che sia dura immaginare cosa ci
faccio qui. Ma a meno di essere stati qui e di essere stati in tutte le sue
differenti zone, è difficile capire cosa sia L.A.
Io vivo nella parte nord, un’area piena di artisti
indie. Silverlake, Echo Park, Highland
Park. La zona in cui sto, è una delle zona a più alta concentrazione hippie
d’America . E’ molto tranquillo, immerso nelle colline, con molti parchi e verde e
le montagne a fare da sfondo. Lontano da Hollywood e Sunset Strip.
Come vicini
di casa ho i Local Native, i Best Coast e Ariel Pink. E’ un posto che si sposa
bene con la mia musica.
Non è una cosa così strana qui essere appassionati di
folk e indie e vivere una grossa città. Infatti se poi vai a vedere molti fan
di questo tipo di musica vivono in grandi città e la musica di cui hai parlato
prima è più roba da gente di periferia o che vive nelle zone rurali.
Penso che la musica indie sia apprezzata da gente con una
mente più creativa e questo tipo di persone tende a gravitare nei grandi centri
urbani.
Per la natura intimista della mia musica penso che in alcuni
casi sia certamente quella la sensazione che esprimono, specialmente nel primo
disco, ma credo che poi ci siano anche altre atmosfere nei miei pezzi. E non è detto che una musica intimista sia
per forza legata a un luogo che la rispecchi.
Verrai
in Italia a suonare le tue canzoni?
Grazie, a presto allora!
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