29 giugno 2011


Nel fine settimana, dando un'occhiata a quello che è in questo momento il miglior canale di tutto il digitale terrestre, ovvero Rai 5, all'interno di "Cool Tour", prima Jeff Bezos (fondatore di Amazon) ha dato per scomparsi i vinili, relegandoli a materiale solo per collezionisti. Poi il conduttore Carlo Massarini, in un bellissimo servizio-intervista a Vito Liverani, il più grande fotografo sportivo italiano e non solo, dava per totalmente scomparsa la fotografia su pellicola. Direi che in tutti e due i casi si sbagliano di grosso. Partiamo dal secondo.

Per molti,  la parola "rullino" sembrerà catapultata fuori dai racconti "di una volta" dei genitori o dei nonni. In realtà per me il rullino, la pellicola, da qualche tempo è l'unico ( se non consideriamo rarissimi scatti di emergenza con il cellulare) supporto che uso per fissare le immagini.

Sono stato prima un piccolo fotografo analogico, con le classiche macchine automatiche compatte degli anni '80-90. Poi dopo una lunga pausa, ho comprato una macchina digitale, compatta anche questa. Mi sono divertito molto all'inizio, cercando di usarla al massimo delle sue potenzialità, e ci ho tirato fuori delle foto di tutto rispetto, niente di clamoroso, ma mi sono tolto delle soddisfazioni. Poi è venuta la moda delle famigerate reflex digitali.

Sono sempre stato convinto che un fotografo, se è veramente bravo, riesce a tirar fuori una bella fotografia sia con un'usa e getta che con una reflex da cinquantamila euro. Per questo prima di passare a un missile terra-aria, ho sempre creduto fosse importante fare esperienza con mezzi più limitati, per misurare le reali capacità del fotografo.

Ora invece, prima ti compri una reflex e poi diventi automaticamente fotografo.

Perché diciamo la verità, le possibilità che ti da una reflex digitale, soprattutto se usata in automatico o in preset (come fa la maggior parte dei "fotografi"), sono talmente tante che chiunque riuscirebbe a tirar fuori qualcosa di decente. Perché si hanno così tanti scatti a disposizione e così tante possibilità di ritocco e correzione, in pre e post produzione che lo scatto in sé perde importanza.

Certo, poi c'è la sensibilità artistica del fotografo che fa la differenza, ed è l'unica cosa conta veramente secondo me. 

Ma chi non ce l'ha, può benissimo bilanciare le sue carenze con tutti i mezzi che la tecnologia mette a disposizione. 

Io sono un grafico, e proprio per questo non ho mai ritoccato una mia foto, neanche il contrasto o la luminosità, nulla. So di essere integralista, ma con le capacità e l'esperienza che ho accumulato nell'uso dei programmi, da una mia foto potrei tirarci fuori qualsiasi cosa. Per questo quando scatto, non mi interessa vedere le mie capacità di grafico, ma di fotografo.

A me interessa il piacere di guardare una mia foto e sapere che è stata fatta solamente con la capacità di mettere insieme i fondamentali della fotografia con la mia sensibilità artistica.

Ho anche provato alcune volte a usare una reflex, ma tutte queste possibilità di intervento anche non usandole, ma sapendo che ci sono, mi tolgono il gusto del fotografare.

Aggiungiamo anche il fatto che non ho tempo né voglia di mettermi a ritoccare 100-200-3000 fotografie ogni volta.

Anche in analogico si possono modificare le foto: con i filtri, con il tipo di pellicola, con le tecniche di stampa e di sviluppo. Ma le possibilità sono decisamente minori e bisogna avere conoscenza dei metodi, esperienza, manualità e bisogna essere bravi a capire come si può intervenire per avere un risultato migliore, non si hanno molti tentativi a disposizione. Oppure facendo delle scansioni successivamente, si può fare di tutto, ma questo esula dal processo analogico.



Un giorno, poco più di un anno fa, leggo di una mostra mercato di fotografia/collezionismo in un paese vicino al mio e decido di andare a dare un'occhiata per vedere cosa c'è. Com'era intuibile il mercato era occupato per lo più da anziani appassionati che offrivano le loro collezioni di vecchie macchine fotografiche. Facendomi consigliare da uno di loro, per la modica cifra di 30 euro, compro una Voigtlander VITO B.



Niente esposimetro, niente telemetro, TOTALMENTE manuale.

Da qui inizia la mia avventura come fotografo analogico.

Devo dire che fin dal primo momento le sensazioni che ho provato scattando con questa macchina sono state molto più appaganti che scattare con una digitale.  Il corpo di metallo, la meccanica, il rumore dell'otturatore, la carica della pellicola, I particolari curati, il peso, l'aspetto di questa macchina danno proprio l'idea di un qualcosa realizzato con una cura riservata solo agli oggetti creati per durare nel tempo.

La manualità che necessita questo oggetto per essere messo in funzione è molto affascinante, bisogna impostare la distanza, cercando di calcolarla a occhio, l'apertura, i tempi, per ogni impostazione bisogna riflettere, fare piccoli calcoli, concentrarsi su quello che dobbiamo fotografare. E' un modo di fare foto che ti assorbe totalmente, perchè sai di non avere molti tentativi a disposizione, a meno di non voler buttare via un rullino e quindi soldi per fare delle prove, e sai di non poter vedere subito il risultato di quello che hai fatto per correggerlo in corsa.

Proprio sabato sono andato a ritirare un rullino che è rimasto caricato per molto tempo e che ho usato in diverse occasioni. L'aspettativa, l'emozione di ritirare le tue stampe per ritrovare le foto che avevi fatto settimane o mesi fa è inspiegabile per chi è abituato con una digitale. Ricordarti i momenti in cui le hai scattate, il modo in cui avevi impostato la macchina e vedere il risultato a distanza di tempo, pensare alle correzioni che avresti potuto fare. A volte da dispiacere perché magari una foto su cui ti eri impegnato particolarmente non è venuta come volevi.  Altre volte invece, quando tutto é venuto come pensavi, o quando hai fatto una foto non essendo sicuro del risultato che invece risulta quasi perfetto, da una soddisfazione infinita. La cosa bella e utile è che comunque con ogni foto realizzata impari qualcosa di nuovo, perché non puoi cestinarla subito e rifarla, rimane lì a mostrarti cosa hai sbagliato ed è uno stimolo grandissimo a fare meglio la volta successiva per non buttare via pellicola, impari ad essere più preciso, ad avere più attenzione. Una fotografia su pellicola stampata, a mio parere, ti insegna molte più cose che mille tentativi fatti con una digitale.

Per questi motivi poi ho aggiunto alla collezione la vecchia reflex Pentax  di mio padre, completa di ogni accessorio, che uso per situazioni particolari, in cui si necessita un grandangolare o uno zoom; ultimamente poi mi sono lasciato affascinare dalle biottiche e ho acquistato alla modica cifra di 40 euro una Lubitel 2.



Cercando informazioni poi ho scoperto che non sono l'unico a pensarla così a proposito di analogico. C'è una nutrita schiera di fotografi che amano e usano le vecchie macchine, si trovano un sacco di forum, su flickr e su altri siti a riguardo. Inoltre c'è una vera e propria comunità internet di appassionati e utilizzatori di macchine Lomo, all'interno della quale ci si scambiano idee, metodi, trucchi, consigli   (grazie soprattutto a scelte di marketing molto azzeccate e un'ottima strategia di comunicazione). E' un mondo in continua evoluzione e  in cui vengono presentate con cadenza periodica nuove macchine con soluzioni fantasiose e divertenti per chi ama sperimentare nuovi modi di fotografare. Queste sono macchine fatte totalmente di plastica, con componenti tecnici di mediocre qualità. Paradossalmente questa qualità non eccelsa è la loro forza perché regalano effetti particolari che con altre macchine è impossibile avere. A fronte di questo standard però i prezzi sono decisamente troppo alti, giustificati solo dal fatto che avere una Lomo fa figo.

Io preferisco decisamente il recupero di vecchie macchine, infatti la  Lomo che ho comprato appartiene alla prima generazione (ed è una delle biottiche che costano meno), non a questo nuovo trend.

Con tutto questo non sto dicendo che l'analogico sia meglio, perché sarei oltremodo anacronistico, nostalgico e refrattario alle nuove tecnologie (sono tutto l'opposto in realtà). Il digitale ha mille vantaggi rispetto all'analogico che non sono stato ad elencare perché sono sotto gli occhi di tutti.

E' più un confronto fra la ricerca sfrenata della perfezione e il fascino delle imperfezioni che solo una cosa vera può avere. La pellicola, per un certo modo di fare foto, per chi ricerca il lato artigiano dell'arte, per chi vuole imparare veramente cos'è la fotografia, per chi ha ancora il sapore, la pazienza e il piacere dell'attesa, della lentezza, è ancora un validissimo supporto su cui fotografare. Inoltre non è così difficile iniziare, basta cercare su ebay o a un mercatino una macchietta a poco, prendere un rullino, si trovano ancora nei supermercati, dai fotografi, e se ne trovano molti dove andare a svilupparlo.

Per tutti gli altri ci sono le reflex digitali.
Già lo dissi ben tre anni fa in questo articolo:

http://www.rockon.it/1712/musica/il-supporto-ha-bisogno-di-supporto/

Ora la situazione è cambiata ma non di molto.

Il vinile, per quanto il guru di Amazon sostenga il contrario, si è affermato stabilmente come supporto alternativo per ascoltare musica. Certo i numeri non sono altissimi, ma ormai tutti i gruppi, tutti gli artisti, all'mp3 e al cd, affiancano un'edizione anche su vinile. I motivi del successo potete leggerli nell'articolo citato sopra.

Per fortuna ora è un po' più stabile il mercato, non ci si inventa più lettori a forma di incudine. Inoltre come avevo anticipato, nel momento in cui il CD è tornato ad essere un supporto esclusivamente musicale, si è stabilizzato anche lui come formato alternativo al digitale, e in alcuni casi  sono addirittura aumentate le vendite rispetto al baratro degli anni scorsi.

Ma per quel che riguarda il vinile, non si tratta di collezionisti, o almeno non solo.

Alcuni elementi che possono aiutare a capire la diffusione del fenomeno:

Per WOW dei Verdena sono state stampate circa 500 copie in vinile non distribuite e non pubblicizzate se non con un piccolissimo post sulla fanpage. Sono state fagocitate in meno di due settimane dall'uscita (non so se poi lo abbiano ristampato).

Ai concerti di gruppi medio-piccoli, nei piccoli festival, nelle serate live, ormai è consuetudine trovare un banchetto che vende dischi, soprattutto vinili. Ormai si vede spesso gente ai concerti con sottobraccio un vinile comprato al banchetto di turno. I gruppi stessi, ai loro banchetti offrono il vinile del loro disco che non si trova nei negozi.

Se date un'occhiata su Amazon nella sezione apposita, in molti casi sui dischi appena usciti (si parla sempre di band e  artisti medio piccoli, tipo The Kills o Dredg ora mentre scrivo), troverete scritto "only 3 letf in stock" "only2 left in stock" "not in stock".

Jack White, voce e chitarrista dei White Stripes e in mille altri progetti, ha aperto la sua casa discografica che produce solo vinili.

Ma diamo un volto a questi cosiddetti "collezionisti".

In realtà sono quelli che seguono il sottobosco musicale, quelli che si vanno a cercare i gruppi sconosciuti ai più, che seguono concerti nei piccoli locali, sono gli appassionati di musica.

Se li rapportiamo alla popolazione che ascolta musica, sono ben poca cosa. Ma se li rapportiamo alla popolazione che compra musica, qui le cose cambiano. Perché gli appassionati sono ormai quasi l'unica categoria che compra ancora musica, periodo natalizio escluso. Magari ne scarica, ma rispetto alla media ne compra anche molta. Non considerando il download legale, alzi la mano chi scarica abitualmente da iTunes o simili, rimangono i cd e i vinili.  E il vinile, come dicevo già nel vecchio articolo, ha una connotazione fisica molto più palpabile. Per un appassionato dotato di giradischi, il vinile è un oggetto molto più appetibile sia del cd che del download. Anche se poi il cd ha delle caratteristiche (comodità, ascolto, portabilità) che sono difficili da scavalcare.

Ora con il cloud, la musica nell'immediato futuro diventerà ancora più impalpabile, e probabilmente molti altri sentiranno la necessità di fruire la musica in modo molto più fisico di quello che viene spinto dal mercato.

Le band e gli artisti lo sanno, (le case discografiche iniziano ad avere l'alba dell'idea di come si stia strutturando questo tipo di richiesta e prima di agire passerà un decennio), cercano di accontentare questa fascia di persone che è quella che porta più entrate, che va ai concerti, che poi va a formare quella base che segue la band in ogni occasione, che funge da "finanziatore" del gruppo. Molti di questi nonostante si siano scaricati il disco appena uscito, pagano per vedere il concerto e ne approfittano per comprare il disco originale.

Questo trend però non si può misurare nei negozi, perché il più delle volte chi compra non lo fa in negozio, o almeno non nelle grandi e moribonde catene. Gli acquisti vengono effettuati online oppure in negozi specializzati, dove si comprendono a pieno le esigenze degli appassionati, oppure nei sopracitati banchetti. In questo senso Fnac (faccio riferimento a Milano) è lo store che più ha capito le esigenze di chi compra musica. Appena entrate, trovate subito l'indie/alternative italiano, e poco più in là lo scaffale dei vinili in bella vista, pieno di nuove uscite di gruppi e artisti meno conosciuti. A differenza  di Feltrinelli (Ricordi a Milano) che offre degli scaffali veramente imbarazzanti, sui quali si trovano sempre le solite cose.

Un esempio lampante in questo senso è il Taxi-Driver Store a Genova, un negozio che ha aperto quando tutti gli altri stavano chiudendo, e offrendo un catalogo mirato e denso di vinili, ha riunito intorno a sé una schiera di appassionati di genere (soprattutto postmetal-posthc-stoner e fratelli), con l'aiuto della webzine dedicata, dello store online, della presenza ai concerti con il banchetto, ha costruito una rete che gli permette di essere un punto di riferimento a livello nazionale. Gli amanti del genere quando ai concerti trovano il banchetto di Taxi-Driver devono farsi sequestrare il portafoglio per non comprare qualcosa.

Così come succede nella fotografia,  al fianco dalla digitalizzazione, dalla velocità, dalla fruizione immediata, c'è chi preferisce la materia, la lentezza, la passione vera e fisica.

Non chiamateli collezionisti, chiamateli appassionati.

E se volete capire bene cosa intendo, provate a svegliarvi la domenica mattina, prendere un bel vinile dallo scaffale, accendere l'amplificatore, tirare fuori il disco dalla custodia, appoggiarlo sul piatto, posizionare la testina e farlo girare, guardarlo per qualche secondo mentre gira prima che inizi la musica.  Intanto fate colazione, o  leggete un libro, o state solamente sdraiati a sentire il disco, ricordandandovi che dovete girarlo per sentire il lato b.

24 giugno 2011


Chi mi conosce sa come la penso sulle reunion dei gruppi: BASTA!

Perché se un giorno hai deciso di mettere la parola fine su un progetto è perché qualcosa non funzionava più. A distanza di anni, i rapporti personali possono essere tornati quelli di prima, ma il progetto è chiuso, non ci sono più le motivazioni che avevi prima, non c'è più la voglia di sputare il sangue per quel progetto, puoi trovare un compromesso, ma non può tornare a funzionare come prima. Quindi diventa la celebrazione di un'amicizia, di un qualcosa che è stato e ti lega a delle persone, al pubblico ma che non ha più niente da offrire di vivo, di vibrante, di fresco.

C'è chi lo fa per soldi, chi lo fa perché non riesce a rinunciare alla droga del palco, chi lo fa per una sana passione, per gli amici per il pubblico. La maggior parte appartiene alla prima categoria, poi c'è la seconda e pochissimi appartengono alla terza.

Non sono mai andato a vedere concerti di band riunite, sia per principio, ma anche per motivazioni personali. Capita che una band sia stata la colonna sonora di un certo periodo della tua vita e  poi te la sei lasciata alle spalle perché sei cresciuto i tuoi ascolti sono cambiati. Però te la porti nel cuore come qualcosa di mitico, qualcosa che ti ha fatto crescere. E' qualcosa legato a quel periodo a quell'età, in cui magari quella band ti sembrava la più forte del mondo, ma in realtà non era così, erano solo le emozioni che ti regalava che te la faceva credere incredibile.

Poi la band sciolta si riunisce e torna in tour, ma non sarà mai come te la ricordavi, non sarà mai come te l'aspetti, sia che tu l'abbia già vista dal vivo sia che tu non l'abbia mai vista. Nel 99% dei casi ti troverai di fronte a una band che recita, che fa il compitino, che magari ce la mette ancora tutta, che sembra sempre quella di una volta, ma comunque è sempre la cover band di sè stessa, non è più arte, è solo spettacolo, divertimento, celebrazione.

Negli anni ho rinunciato a diversi concerti reunion, uno su tutti quello dei Rage Against the Machine, perché sono un gruppo che 15 anni fa era una bomba, una roba mai sentita prima, per me hanno significato tantissimo. Li vedevo come musicisti incredibili (in realtà poi non è che siano così incredibili...), ho coverizzato alcuni loro pezzi con vari gruppi, li ho visti al Forum di Assago per il tour di Battle of Los Angeles. Non sono voluto andare perché sapevo che sarei rimasto deluso, che non avendo più 16/17/18 anni, quando andavo a vedere 3 concerti all'anno (adesso ne vedo 3 al mese), non sarebbe stata quella cosa incredibile che è stata 15 anni fa, non avrebbero più avuto per me quell'aura di gruppo interplanetario che avevano in quel periodo. Così come i Faith no More, anche se non li avevo mai visti. I gruppi vanno visti quando sono in attività nel loro periodo storico, quando sono nel pieno della loro creatività, quando c'è un progetto vivo. Se no sono solo figurine, pose... diventa un varietà.

L'unico sconto che concedo è nel caso in cui la band ritorni con un gran disco, ma guarda caso non succede quasi mai. In questo senso l'unica reunion che sembra funzioni ora sono gli Skunk Anansie, che da quando sono tornati insieme hanno tirato fuori solo dei gran pezzi e un disco che fa onore alla loro  carriera, ma non li ho visti dal vivo...

Negli ultimi 7 giorni , ho infranto la mia regola ben due volte, una involontariamente l'altra volontariamente. Ma in tutti e due i casi, anche se i gruppi e il tipo di reunion sono di natura totalmente diversa l'uno dall'altro, il mio pensiero si è rafforzato. Quella involontaria sono stati gli Stooges prima dei Foo Fighters al Rock in Idrho. Per carità massimo rispetto per Iggy Pop, ma cos'era quella roba? L'unico che si è barcamentato sul palco perché  fa sempre le stesse cose, è stato l'Iguana, ma gli altri una pena, sembrava di vedere una banda di liscio della riviera, il batterista ogni quattro colpi ne perdeva uno, sembrava dovesse morire da un momento all'altro, gli altri era già tanto se sono riusciti a stare in piedi per tutto il concerto. Un concerto che più molle non poteva essere, se non fosse stato per le solite pose di Iggy avrei potuto tranquillamente dormire.

Quella volontaria sono stati i Boysetsfire ieri sera. Ho deciso di andarli a vedere per passare una bella serata, perché costava poco e perché alla fine ci si credeva poco al loro scioglimento, infatti è durato poco. Ma anche lì il progetto è finito. Infatti ieri ho visto una band stanca, molle. Onesti, sinceri e veri come sempre, ma non c'era quella roba lì... io li ho visti anni fa, sempre al Rock in Idro, per il loro "ultimo" tour, e  sembrava dovessero esplodere in mille pezzi da un momento all'altro, c'era gente che volava da tutte le parti. Ieri non sono riusciti neanche a far muovere il pubblico (complice anche il volume non adeguato), se non sugli ultimi due pezzi.

Alla luce di queste due esperienze, continuerò ad evitare i baracconi dei reunion tour, senza un minimo di dispiacere.

16 giugno 2011


Sabato scorso mi sono imbarcato per un viaggio, perché di viaggio si tratta, non è un film.

La nave, o la droga, si chiama The Tree of Life, e il capitano, o lo spacciatore, si chiama Terrence Malick.

Partiamo dal principio ed evitiamo paroloni da grande cinefilo quale non sono.

The Tree of Life è una palla.

E questo è innegabile, checché se ne dica: "CAPOLAVORO!" "GRANDE CINEMA!" "IL FILM DEFINITIVO!" . Un film di due ore e mezza, montato in quel modo, con pochissimi dialoghi, immagini sospese nel vuoto, voci filosofiche fuori campo, non può essere definito in altro modo.

Ci vuole tanta tantissima pazienza, sensibilità, capacità di sopportazione, ci vuole un preciso stato di apertura e di sospensione per arrivare alla fine senza perdere attenzione e senza diventare insofferenti.

Di fianco a me c'era una signora che già dopo un'ora dava i primi segni di cedimento, sbuffando. Da lì è stata un'escalation, di "Basta", "Quando finisce?". Poi allo scoccare delle due ore, quando il film sembrava finire e invece è ricominciato, il tracollo: "Basta vi prego non ce la faccio più, voglio uscire!", ma poi è rimasta fino alla fine, quando si è lasciata andare a un "Finalmente! Io questi film non li voglio più vedere!" e insieme al marito non sembravano due che vanno a vedere solo film di natale e cartoni della Disney.

Ve lo dice uno che ama i film lenti, uno che si è sparato quasi tutti i film di Kim Ki Duk (che in confronto a questo di Malick sembrano sì Walt Disney), molti dei quali in lingua originale con sottotitoli, che poi ci sono così pochi dialoghi nei suoi film che non è stato un grande sforzo.

Però lo "sforzo" richiesto da Malick è stato ripagato a pieno, perché è un film che da tanto, sia in termini di fotografia, che in termini di riflessione. Ti porta proprio a riflettere profondamente su quello che hai visto e sentito, ti spinge a trovare il senso di quello che ti è passato davanti, a trovare un perchè di quella ridondanza, di quelle immagini che a volte apparentemente non c'entrano nulla messe insieme.

Insomma a me è piaciuto, perché ti lascia dentro tanto e lascia anche tanta voglia di rivederlo, perché molte cose si metabolizzano anche a distanza di giorni. Anche scrivendone adesso mi vengono in mente molte cose, e cresce la ancora voglia di rivederlo per scoprire nuovi spunti e capire meglio.

Il film è viaggio profondo e intenso nei meandri della vita.  E non è solo la vita di una persona, di una famiglia, di una comunità, è la vita in senso più ampio, la terra, gli animali, i dinosauri, i batteri, i virus, tutto ciò che dalla "Creazione" è stata la vita.

Non voglio dire altro di specifico del film, perché per chi lo vuole intraprendere, è un viaggio da fare senza cartina nè navigatore. Voglio solo elencare le tre cose che più mi hanno emozionato (Attenzione microscopici spoiler):

1. Un'immagine ribaltata dei bambini che giocano, con questi che fanno da "ombra" alle loro ombre.

2. L'immagine di uno stormo enorme di uccelli che vola fra i grattacieli.

3. I primi piani di Jessica Chastain, non per la bellezza estetica, ma  per la drammatica intensità del suo viso e del suo sguardo.

7 giugno 2011


Ieri sera ho rivisto IL Rock n' Roll.

Ieri sera ho respirato IL Rock n' Roll.

Ieri sera ho ascoltato IL Rock n' Roll.

Ieri sera ho visto (i) The Kills dal vivo ai Magazzini Generali di Milano.

Da mesi aspettavo questa data, per capire veramente se quei due fossero solo una coppia di fighetti che riesce a mettere insieme belle canzoni, oppure se fossero vero fuoco.

Beh... "quei due" sono fuoco e fiamme, sono passione, sono istinto, sono imprevedibilità, sono rock n' roll.

Mentre in Italia gli uffici stampa si prodigano per occupare qualsiasi spazio su qualsiasi forma di media con i faccioni e le banalità dei maccherockni Ligabue e Vasco, a Milano piomba un uragano che la maggior parte di quelli che "io ascolto di tutto, rock, Vasco (o Liga), Aerosmith, Bon Jovi, Guns n' Roses."  è talmente assuefatta dalle banalità dei due bolliti, che non ha avvertito neanche un alito di vento.

Già l'avvicinamento al concerto era stato burrascoso, prima il cambio di location, poi il cambio di data per "problemi di salute" di Jamie Hince... e tutti quelli che hanno letto la notizia si saranno fatti qualche domanda sulla causa di quei "problemi".

Il concerto poi inizia in ritardo, ma non il classico ritardo comandato di mezz'ora precisa per permettere a tutti quelli che "mi bevo una cosa fuori e poi entro con calma, così sono vicino al bar" di entrare. Un ritardo imprecisato di circa 45/50 minuti, della durata giusta per iniziare a indispettire il pubblico, ormai troppo fighetto e troppo abituato ad essere imboccato con il sushi.

Nel  momento stesso in cui Jamie e Alison mettono il primo piede sul palco, si capisce subito che di fighetti lì sopra non ce ne sono.

Attacano "No Wow" e i magazzini diventano lava.

I suoni di chitarra di Hince sono puro fuoco, pieni, caldi, acidi al punto giusto, una chitarra strafatta di distorsione e di phaser/chorus/tremolo/octaver, sempre al limite dell'overdose senza mai superarlo.

La Mosshart è una strega nera che si dimena come un serpente alle prese con un incantatore, ma non si capisce chi sta incantando chi. La sua voce  crea un perfetto punto di incontro fra il graffiante, l'urlato, il melodico e l'amplesso.

Le pose (non in senso dispregiativo) sul palco dei due sono quelle di chi ha il rock n' roll nelle vene, il modo di dialogare sul palco con sguardi, gesti, movimenti, spostamenti in avanti e indietro, quell'avvicinarsi quasi fino a baciarsi e poi allontanarsi simulando una testata, il modo di suonare, il modo di cantare, di duettare con la voce, di posizionarsi sul ciglio del palco per quei brevi momenti topici, quella voglia di essere protagonisti, esibizionisti, di eccitare e di eccitarsi con la musica... tutto dei Kills è fottutamente ROCK.

E proprio per questo, bisogna mettere in conto, anche l'altro lato della medaglia, ovvero l'istinto e l'imprevedibilità.

E l'imprevedibilità è rappresentata da un problema tecnico, o meglio dal tecnico che dava problemi nell'accordare le chitarre. Alla fine di "Tape Song"  la chitarra è sensibilmente scordata e dal retro palco si vedeva il tecnico intento ad accordare l'altra chitarra in palese ritardo per il cambio. Mr. Hince prova a riaccordare da solo la sua con poco successo, ammettendo poi candidamente (se ho capito bene perché in quel momento stavo parlando) "Scusate ma non ho mai imparato ad accordare", che per i profani suona come uno scandalo che uno come lui non sappia accordare, ma per chi suona è risaputo che è un problema comune a molti chitarristi. La tentazione di spaccare la chitarra è forte ma si trattiene. Intanto si continua con una versione scordata ma comunque affascinante di "You don't own the road".

Poco prima di ritirarsi per il bis, arriva l'altra faccia della medaglia. L'istinto.

Jamie pianta a terra la chitarra e si tuffa giù dal palco imprecando, all'inizio si pensa che sia per la chitarra, invece poi si capisce che non gli va a genio il trattamento riservato al suo pubblico dalla security, e va a comunicarlo a modo suo... libera un ragazzo dalla presa di un "gorilla" e ci si scaglia contro. Dopo risale sul palco e al microfono prega molto chiaramente la security di lasciar salire sul palco i ragazzi perché questo è un "fottuto concerto di rock n' roll".

Eroe.

Pensate a cosa possa aver fatto dopo il concerto al povero tecnico...

La Mosshart intanto semba non curarsi di quello che succede, come se "scene come questa ne vedo tutte le sere", e non fatico a crederci. Rimane tranquilla sul palco e si prende un bacio dall'ostaggio liberato dal prode Hince.

Dopo la scossa il concerto riparte, ed è come se fosse colpa della security il malfunzionamento delle chitarre, come se fossero loro a cercare di fare da diga al fiume di lava che continua a scendere e salire dal palco. Perché da lì in poi non ci sono stati più problemi di nessun tipo. E boom! Parte una "Sour Cherry" devastante, sanguinaria.

Anche per il bis si fanno attendere discretamente, Alison torna avvolta d'oro, e il suo compagno di palco si posiziona al sinth/piano. "The Last Goodbye" è la perla della serata, con la Mosshart che si mostra in tutto il suo splendore e la sua capacità di regalare con la voce un qualcosa che hanno solo le grandi donne del rock: Pj Harvey, Patty Smith, Janis Joplin, so che è un azzardo ma lei è indubbiamente lì con loro.

L'accoppiata finale è di una sensualissima "Pots and Pans", e una potentissima "Fried my Little Brains".

Qualcuno che non li ha mai sentiti dal vivo, o che come me li ha visti anni fa in pieno pomeriggio a un festival in cui non c'entravano nulla, penserà che in due non rendono sul palco, che rispetto al disco perderanno qualcosa, invece rispetto al disco sono mille volte di più, sono una vera live band.

Qualcuno che li ha visti poi, come ho sentito uscendo, penserà che hanno fatto schifo,  in realtà hanno regalato qualcosa che ormai sempre più raramente si vede in giro, e per questo non viene più apprezzato a pieno.

Hanno regalato una serata di puro Rock n' Roll, quello che ancora è fuori dalle logiche del marketing, fuori dall'industria, fuori dal profitto, fuori dalla razionalità, ma come dicevo sopra è istinto, passione, imprevedibilità. Ormai siamo abituati a vedere e sentire gruppi che di rock hanno solo la classificazione su iTunes, che decidono prima come vestirsi, poi cosa  dire nelle interviste, poi che pose fare sul palco e poi forse pensano alla musica, sempre che non gli arrivi già scritta dalla casa discografica.

I Kills invece riportano le cose al loro posto, sono la reincarnazione del rock (insieme a pochi altri) in questo inizio di 21esimo secolo.

P.S. Ancora una volta, finiamola con 'ste cazzo di fotocamere alzate per fotografare la testa di quello davanti con il flash.

6 giugno 2011

Quest'estate va di moda il verde.

Anche l'epidemia collezione primavera/estate 2011 rispetta le regole, e si presenta di un bel verde cetriolo.

C'è una sostanziale variante rispetto agli anni scorsi però... l'influenza è stata dichiarata ufficialmente fuori moda. Per cui se volete rimanere al passo con i tempi, e non farvi additare agli aperitivi come antichi, demodè e poco aggiornati, assolutamente non presentatevi con indosso un'influenza di nessun tipo.

Quest'anno va di moda qualcosa di più particolare, di meno familiare, quest'anno c'è voglia di stupire, va di moda il batterio.

Dopo essere stati inondati dall'aviaria, e dalla "A", per paura dell'effetto "Al lupo, al lupo!" quest'anno le case farmaceutiche hanno cambiato veste alla periodica "raccolta fondi" che si presenta sotto forma di batterio E-coli.

Faccio una precisazione prima di continuare. Non dico che non siano vere queste epidemie, perché morti ce ne sono stati e non voglio essere offensivo per chi ha sofferto a causa di queste malattie. Dico solo che personalmente nasce il sospetto che siano state un "tantino" pompate per motivi che tutti possiamo immaginare (e che sono stati illustrati bene in una puntata di Exit che purtroppo non si trova più), ovvero la vendita di farmaci e la compravendita di vaccini. Per poter dichiarare "pandemia" l'epidemia di influenza A, pare addirittura che sia stata fatta cambiare la definizione di pandemia dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per poter dare il via alla vendita del vaccino ai governi.

Mentre alcuni stati probabilmente stanno ancora cercando di rivendere gli svalutati vaccini per l'H1N1 presi di seconda mano dall'Italia e da altri grandi nazioni, ci piove addosso l'epidemia del "CETRIOLO KILLER".


Lasciando perdere la componente sociologica e sessuale che ha costretto a cambiare le abitudini di molte donne, sarà veramente il caso di allarmarsi?

Intanto per non sbagliare, si raccomanda di "lavare". Lavare la verdura, lavare le mani ecc ecc. Visto che la trovata del "raccomandiamo di lavarsi spesso le mani" ha avuto successo con la passata epidemia, aiutando la vendita di ettolitri di Amuchina e simili, perché non approfittarne anche stavolta?

Ma questa volta il sospetto nasce ancor prima che l'allarme diventi veramente importante e capita che qualcuno con una buona memoria, o con una buona capacità di documentarsi e di googleare scopre che, guarda caso, il vaccino per il batterio E-coli nella variante O157:H7 proprio quella "del cetriolo" (anche se in realtà ora pare che sia colpa della soia), è stato scoperto poco tempo fa...

E allora sono io che penso male o c'è qualcosa che non torna?

1 giugno 2011


Anche se ho rubato il titolo di una sua canzone, Giuliano Palma non c'entra nulla.

Lunedì prossimo la Apple presenterà il suo nuovo servizio cloud. Preparatevi, perché da quel momento il mondo non sarà più lo stesso.

Sto esagerando? Non credo.

Ma cos'è il cloud? Io non sono un esperto di informatica, per cui non posso fare una descrizione tecnica, ma immaginate di avere un hard disk sempre disponibile ovunque andate, che però non occupa spazio su nessun supporto. Questo, con una definizione assolutamente semplicistica, è il cloud (accetto puntualizzazioni da eventuali esperti).

Ora parliamoci chiaro, Apple non ha inventato nulla, perché già altri come Amazon e Telecom hanno presentato il loro servizio cloud. Anzi la concezione di cloud è già presente da molti anni nella rete.

I servizi di streaming come Youtube o Myspace o moltissimi altri sono dei progenitori del concetto. Google nel suo piccolo è già da un po' di tempo che adotta questa tecnologia, con Google Office e Documents. Io nel quotidiano da anni uso la mail come banca dati per avere sempre disponibili cose utili, come un file che non posso salvare perché non ho con me una chiavetta, siti interessanti ecc, le bozze della mia mail sono piene di roba. Forse si può dire che fin dalla prima concezione della rete era presente l'idea del cloud. Difatti la rete è una banca dati sempre diponibile ovunque, per esempio wikipedia è un'enciclopedia che non occupa spazio e che è sempre diponibile. L'unica differenza fra allora e oggi è la diffusione, la velocità e la capacità della rete, tre elementi che permettono uno sviluppo infinito di questo "concetto".

L'unico merito di Apple come al solito sarà sicuramente quello di tracciare una strada "definitiva".

Ora lo spazio disponibile per il cloud non è ancora elevatissimo, quello che si è visto in giro fino ad ora corrisponde a poco più di una chiavetta usb, o un ipod. Provate a immaginare l'applicazione di questa cosa alla musica portatile.

Facciamo insieme questo esercizio di immaginazione:

Immaginate di dover fare un lungo viaggio in aereo, e durante il viaggio volete ascoltarvi la vostra musica, immaginate di averla archiviata tutta nella vostra "nuvola" online, insieme con un servizio di player integrato. Immaginate di avere un posto con schermo, collegato a internet. Andate alla vostra nuvola, attaccate gli auricolari e ascoltate tutta la vostra musica. Che ve ne fate dell'Ipod?

Immaginate di poterci mettere tutti i vostri ebook e di poterli leggere ovunque senza averli archiviati sull'ipad o sul kindle.

Immaginate di non dover più scaricare le applicazioni per il vostro ipad o iphone e di poterle utilizzare direttamente online.

Immaginate di non dover più istallare office sul vostro computer, ma di poterlo utilizzare direttamente sulla nuvola.

Immaginate di avere una connessione molto più veloce di quella che avete ora, molto più della velocità di esecuzione di un Intel Core-duo, e di avere uno spazio molto più grande di quello che offrono ora i servizi cloud, che vi permetta di utilizzare Photoshop, AS400, SAP,  o qualsiasi altro programma di lavoro, direttamente online, con relativo archivio files.

Ora immaginate di non avere più bisogno di un computer per fare le vostre cose, per lavorare. Immaginate di non avere più l'ipod, l'ipad, l'iphone, il kindle, il telefonino, e di avere solo un'interfaccia,  che vi permetta di gestire il vostro computer virtuale con cui potete fare tutto quello che fate con tutti questi strumenti.

Avete capito perché da lunedì il mondo non sarà più lo stesso?

Se poi vogliamo azzardare un ulteriore salto nel futuro e ci aggiungiamo la visione  del bellissimo libro "La luce del passato" di Arthur C. Clarke e di altri autori di fantascienza, con sistemi impiantati che permettono la navigazione senza alcun supporto...  ( già ci sono già da un po' apparecchi per l'orecchio con collegamento bluetooth per il telefono).

A vederlo così il nostro internet sembra davvero lo Skynet  descritto da James Cameron in Terminator.

Prima soppianta alcuni oggetti (libri, cd, carta), poi alcune mansioni (all'interno della pubblica amministrazione, delle biblioteche e molte altre),  poi addirittura soppianta le macchine che l'hanno creato...
chi sarà il prossimo?